Il prof. Carlo Bellieni sull'Osservatore Romano: A proposito dell’aborto di Rossano Calabro

April 27th, 2010

Per la dignità del bimbo e della donna


di Carlo Bellieni

Se il tema aborto non fosse un tabù laicista, nessuno potrebbe dire di non sapere, ma nessuno ne parla e allora non si sa che l'interruzione di gravidanza dopo il primo trimestre si svolge come un parto: il bimbo nasce, ha un cuore che batte, e lentamente si spegne. In Italia la legge 194 impone di non farlo quando c'è una possibilità di farlo vivere, cioè dopo ventidue settimane dal concepimento, ma se nasce prima non è detto che nasca morto, anzi: è in grado di sentire il dolore (circa dalla ventesima settimana) o di far piccoli movimenti. Se si guarda il piccolo torace si vede a occhio nudo il cuore battere. Non si può far finta di non saperlo.
L'aborto tardivo sta creando malcontento all'estero, anche nei confronti dell'escamotage detto
partial birth abortion ("aborto a nascita parziale"), che in una fase di gravidanza avanzata, a metà del processo di uscita del feto dall'utero, quando il feto non ha ancora tratto il primo respiro, lo fa morire recidendo la base del cranio, per non farlo nascere vivo. Sconcerto, certo; e sconcerto di fronte a un bimbo vivo abbandonato in un angolo di corsia. Ma sono poi tutte letali e gravissime le patologie per cui si decide l'aborto? A ripensare il caso fiorentino finito sui media tre anni fa, in cui fu abortito un bimbo per un'anomalia all'esofago assolutamente operabile (diagnosi oltretutto sbagliata), non si direbbe. E poi, siamo sempre in presenza di un percorso che mette i genitori di fronte alle possibilità terapeutiche, a colloquio con gli specialisti della malattia in atto, per capirne la reale gravità? Perché se l'aborto contrasta la dignità del bimbo, la mancata totale informazione e la sbrigatività contrastano la dignità della donna.
Proviamo a mettere al centro del discorso la dignità di entrambi, e vedremo come sarà inconcepibile lasciare la donna sola, alle prese con l'angoscia di un freddo foglio col nome della malattia del figlio. E sarà altrettanto inconcepibile non ripensare "chi è" il soggetto dell'aborto recuperando l'assurdità dell'evento e usando almeno la pietà: il bimbo se è rianimabile deve avere una chance (ma in base alla 194 non dovrebbe accadere che si abortisca un bimbo che può vivere); se non è rianimabile perché è troppo piccolo, deve comunque avere un ambiente caldo e dignitoso, una compagnia umana, un nome e una degna sepoltura proprio come qualunque altra persona in fin di vita, perché alla violenza non si aggiunga l'oltraggio.

(©L'Osservatore Romano - 28 aprile 2010)

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