Papa: la crisi ecologica “storica opportunità” per ripensare i nostri stili di vita
Si intitola “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” il messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale della pace. Il rispetto della natura, oltre che essere una questione economica, ha il suo fondamento nella morale e chiede quindi un cambiamento di stili di vita delle persone e degli Stati. La responsabilità dei Paesi tecnologicamente avanzati e di quelli in via di sviluppo. La “ecologia umana” e il rischio del panteismo. Il testo completo del messaggio.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La “crisi ecologica” che il mondo si trova oggi ad affrontare è una “storica opportunità” per ripensare in modo lungimirante il modello di sviluppo dell’umanità, abbandonando stili di vita, personali e nazionali, dettati dall’egoismo e dal consumismo, a favore di una solidarietà tra persone, nazioni e generazioni, fondata sulla comune responsabilità nei confronti del creato. E’ una “necessità” che, per Benedetto XVI, esige la coscienza che “ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale” e che, di conseguenza, va affrontata con un rinnovamento culturale ed etico, che si preoccupi in primo luogo della “ecologia umana”, rifiutando ogni riduzione della persona, sia quella proveniente dalla “assolutizzazione” della tecnica, sia quella visione egualitaristica della “dignità” di tutti gli esseri viventi, che rischia di sfociare in un nuovo pantesimo.
Cade nel momento in cui a Copenhagen le nazioni del mondo discutono del loro futuro il messaggio di Benedetto XVI per la 43ma Giornata mondiale della pace, che il Papa ha dedicato al tema “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. In esso, partendo dal principio che “la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità” (n. 1), il Papa chiede ad ogni uomo e ad ogni nazione di scegliere vie che portino al “governo” e non all’“abuso” della natura, attraverso strumenti come l’uso dell’energia solare, una “gestione del sistema idrogeologico globale”, “appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie”, “idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà” (n. 10).
La questione ecologica, afferma Benedetto XVI è urgente, “Come rimanere indifferenti - chiede - di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti ‘profughi ambientali’: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare”? “Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo” (n. 4).
La risposta deve partire dalla considerazione che “la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni” (n. 5). Occorre, insomma, “un profondo rinnovamento culturale”, la riscoperta di quei valori che costituiscono il fondamento sul quale costruire un futuro migliore per tutti. Dal momento, infatti, che le situazioni di crisi “siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro”, esse “obbligano a riprogettare il comune cammino degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove regole e forme di impegno” (n. 5).
Se, dunque, occorre un nuovo progetto di sviluppo, esso deve partire dalla considerazione che “tutto ciò che esiste appartiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando l’uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui. L’uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola” (n. 6), anche per le generazioni future. Il Papa parla, in proposito, di “leale solidarietà inter-generazionale”, aggiungendo che “la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale dei beni” (n. 8).
Quasi prevedendo le obiezioni che i Paesi del Terzo mondo hanno sollevato a Copenhagen (il messaggio porta la data dell’8 dicembre), Benedetto XVI afferma che è “importante riconoscere, fra le cause dell’attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati”. Per questo “è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo” (n. 9). D’altro canto, “i Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti” (n. 8).
Appare infatti “sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (n. 11) . “Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello che gli corrisponde, operando affinché venga superata la prevalenza degli interessi particolari” (n. 11). “Occorre, inoltre, richiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell’ambiente richiede, cioè, una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull’egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferenti a ciò che accade intorno a noi, perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti” (n. 11).
Da parte sua, la Chiesa “ha una responsabilità per il creato”, dono di Dio per tutti, “anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso”. “Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio. Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (n. 12). Di qui il nuovo incoraggiamento a salvaguardare una “autentica ecologia umana” che “affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura” (n. 12).
L’ultima considerazione del Papa è dedicata a contestare quelle concezioni del rapporto dell’uomo con l’ambiente che portano ad “assolutizzare” la natura e “ritenerla più importante della stessa persona”, in quanto elimina la differenza “ontologica” tra la persona umana e gli altri esseri viventi. “In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della ‘dignità’ di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della ‘grammatica’ che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana” (n. 13). (FP)
Il testo del messaggio: http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/24827.php?index=24827&lang=it
Città del Vaticano (AsiaNews) – La “crisi ecologica” che il mondo si trova oggi ad affrontare è una “storica opportunità” per ripensare in modo lungimirante il modello di sviluppo dell’umanità, abbandonando stili di vita, personali e nazionali, dettati dall’egoismo e dal consumismo, a favore di una solidarietà tra persone, nazioni e generazioni, fondata sulla comune responsabilità nei confronti del creato. E’ una “necessità” che, per Benedetto XVI, esige la coscienza che “ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale” e che, di conseguenza, va affrontata con un rinnovamento culturale ed etico, che si preoccupi in primo luogo della “ecologia umana”, rifiutando ogni riduzione della persona, sia quella proveniente dalla “assolutizzazione” della tecnica, sia quella visione egualitaristica della “dignità” di tutti gli esseri viventi, che rischia di sfociare in un nuovo pantesimo.
Cade nel momento in cui a Copenhagen le nazioni del mondo discutono del loro futuro il messaggio di Benedetto XVI per la 43ma Giornata mondiale della pace, che il Papa ha dedicato al tema “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. In esso, partendo dal principio che “la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità” (n. 1), il Papa chiede ad ogni uomo e ad ogni nazione di scegliere vie che portino al “governo” e non all’“abuso” della natura, attraverso strumenti come l’uso dell’energia solare, una “gestione del sistema idrogeologico globale”, “appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie”, “idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà” (n. 10).
La questione ecologica, afferma Benedetto XVI è urgente, “Come rimanere indifferenti - chiede - di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti ‘profughi ambientali’: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare”? “Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo” (n. 4).
La risposta deve partire dalla considerazione che “la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni” (n. 5). Occorre, insomma, “un profondo rinnovamento culturale”, la riscoperta di quei valori che costituiscono il fondamento sul quale costruire un futuro migliore per tutti. Dal momento, infatti, che le situazioni di crisi “siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro”, esse “obbligano a riprogettare il comune cammino degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove regole e forme di impegno” (n. 5).
Se, dunque, occorre un nuovo progetto di sviluppo, esso deve partire dalla considerazione che “tutto ciò che esiste appartiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando l’uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui. L’uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola” (n. 6), anche per le generazioni future. Il Papa parla, in proposito, di “leale solidarietà inter-generazionale”, aggiungendo che “la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale dei beni” (n. 8).
Quasi prevedendo le obiezioni che i Paesi del Terzo mondo hanno sollevato a Copenhagen (il messaggio porta la data dell’8 dicembre), Benedetto XVI afferma che è “importante riconoscere, fra le cause dell’attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati”. Per questo “è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo” (n. 9). D’altro canto, “i Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti” (n. 8).
Appare infatti “sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (n. 11) . “Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello che gli corrisponde, operando affinché venga superata la prevalenza degli interessi particolari” (n. 11). “Occorre, inoltre, richiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell’ambiente richiede, cioè, una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull’egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferenti a ciò che accade intorno a noi, perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti” (n. 11).
Da parte sua, la Chiesa “ha una responsabilità per il creato”, dono di Dio per tutti, “anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso”. “Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio. Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (n. 12). Di qui il nuovo incoraggiamento a salvaguardare una “autentica ecologia umana” che “affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura” (n. 12).
L’ultima considerazione del Papa è dedicata a contestare quelle concezioni del rapporto dell’uomo con l’ambiente che portano ad “assolutizzare” la natura e “ritenerla più importante della stessa persona”, in quanto elimina la differenza “ontologica” tra la persona umana e gli altri esseri viventi. “In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della ‘dignità’ di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della ‘grammatica’ che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana” (n. 13). (FP)
Il testo del messaggio: http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/24827.php?index=24827&lang=it
Commenti