Vescovo di Baghdad: “Cristiani, non abbiate paura”, ma resta il timore di un nuovo esodo

Mons. Shlemon Warduni sottolinea “l’alta partecipazione dei fedeli” alle funzioni domenicali, che si sono svolte senza incidenti, ma non nasconde il rischio di un “nuovo esodo dal Paese”. Il prelato chiede al governo centrale “garanzie per la sicurezza” e alla comunità cristiana “di perseguire il valore dell’unità”.


Baghdad (AsiaNews) – La comunità cristiana irakena “ha partecipato regolarmente alle funzioni domenicali”, pur in un “clima di paura per possibili nuovi attacchi”. Ai fedeli “ho chiesto di avere coraggio”, ma resta il “timore” per una possibile “nuova fuga dei cristiani dall’Iraq”. È quanto riferisce ad AsiaNews mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, a una settimana dagli attacchi che – il 12 luglio scorso – hanno colpito diverse chiese del Paese, a Baghdad e Mosul.

“È andata bene” commenta mons. Warduni. “Vi è stata molta partecipazione tra i fedeli, sia alle funzioni del mattino, sia a quelle della sera, che hanno registrato solo un lieve calo”. Il prelato ha esortato la comunità cristiana “a venire alla messa” e i fedeli “hanno risposto con coraggio”.

Nei giorni scorsi fra i cristiani serpeggiava un sentimento di “impotenza e sconforto”, che potrebbe spingere a un nuovo esodo di massa. Ai problemi quotidiani, alla disoccupazione, alla preoccupazione di riavviare le attività commerciali dopo anni di guerra, si aggiunge il timore per la recente ondata di violenze. Mons. Warduni non nasconde il pericolo di “una nuova fuga dei cristiani dall’Iraq” e spiega che “è normale questo sentimento di paura, alimentato da morti, feriti e distruzione”. “Ho chiesto ai fedeli di rimanere – sottolinea – però dobbiamo anche dare loro garanzie di sicurezza, possibilità di lavoro, di un futuro. Senza questi presupposti, cosa possiamo dire loro?”.

A Mosul, la comunità cristiana denuncia la mancanza di una presa di posizione forte dopo l’attacco alla chiesa della Madonna di Fatima del 13 luglio scorso. Maroan Bhnam, cristiano di Mosul interpellato dal sito in arabo Ankawa.com, si chiede perché “nessuno dei due rappresentanti cristiani al Consiglio” abbia rilasciato una dichiarazione di condanna. Egli aggiunge che gli esponenti delle altre comunità, in caso di attentati, hanno “alzato la voce: dai cristiani nulla”. Aiub Ibrail si dice “sorpreso” per la mancanza “della tv locale al Moussalia, la prima a filmare i luoghi teatro di attacchi”. Amer Petros vuole “rappresentanti che sappiano farsi valere”.

Fonti di AsiaNews a Mosul confermano lo spiegamento di forze nei pressi delle chiese; la polizia ha allestito diversi punti di controllo per garantire lo svolgimento regolare delle celebrazioni domenicali.

Il clima di sfiducia e insicurezza generale fa tornare d’attualità il progetto legato alla piana di Ninive, la creazione di un’enclave cristiana nel nord del Paese. Essa diverrebbe una zona cuscinetto fra curdi e arabi ed è osteggiata, pur con qualche distinguo, dalla maggioranza dei leader cristiani. Basandosi su ragioni umanitarie e di sicurezza, essi affermano che l'idea nasconde in realtà interessi economici e un giro di affari per la costruzione di case e alloggi che fa gola a molti.

“Dobbiamo perseguire il valore supremo dell’unità dei cristiani – conclude mons. Warduni – perché è la sola garanzia di salvezza per la comunità nel Paese”. Il prelato auspica la nascita di una classe dirigente cristiana “forte”, che sappia difendere gli interessi della popolazione “lavorando in accordo con il governo centrale irakeno”.

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