Iraq - Il papa riceve in dono il mantello di mons. Rahho e la stola di p. Ragheed, martiri in Iraq
Il dono è avvenuto all’udienza conclusiva della visita ad limina dei vescovi caldei. Benedetto XVI esorta a promuovere la formazione fra i giovani e la convivenza con i musulmani, rivendicando pari diritti ai cristiani e sicurezza da parte delle autorità. Preoccupazione per i profughi e gli emigrati. Il valore dell’assemblea sinodale e della carità.
Città del Vaticano (AsiaNews) – I vescovi caldei irakeni hanno donato a Benedetto XVI il mantello liturgico di mons. Paul Faraj Rahho (v.foto) e la stola di p. Ragheed Ganni, entrambi uccisi a Mosul, il primo nel 2008, l’altro nel 2007. Il dono è avvenuto durante l’udienza conclusiva della visita ad limina compiuta in questi giorni dai prelati orientali. Il papa ha ricevuto le due reliquie “con emozione” e ricordando le “vittime della violenza in Iraq durante questi anni” - e in particolare i due martiri e tanti altri sacerdoti e fedeli - ha detto che “il loro sacrificio è il segno del loro amore alla Chiesa e al loro Paese”.
Nel suo discorso ai vescovi, il pontefice ha sottolineato il valore “insostituibile” della Chiesa caldea nella storia dell’Oriente e dell’Iraq in particolare e li ha esortati a continuare questa missione al servizio “dello sviluppo umano e spirituale” del Paese. Per questo egli ha detto che “è necessario promuovere un alto livello culturale dei fedeli, soprattutto dei giovani. Una buona formazione nei diversi campi del sapere, sia religiosi che profani, è un investimento prezioso per l’avvenire”.
Egli ha pure chiesto ai fedeli irakeni di svolgere “un ruolo di moderazione” nella costruzione del Paese per plasmare rapporti di comprensione” fra cristiani e musulmani, precisando che “i cristiani che abitano l’Iraq da sempre, ne sono pienamente cittadini con tutti i diritti e i doveri di tutti, senza distinzione di religione”.
Il papa affronta in modo più diretto la “violenza quotidiana” di cui i cristiani sono fatti oggetto. Egli chiede ai vescovi di sostenere i loro fedeli “incitandoli ad amare la terra dei loro antenati a cui essi rimangono profondamente attaccati”. Allo stesso tempo i prelati devono “fare appello… alle autorità responsabili per il riconoscimento dei loro diritti umani e civili”.
Al problema delle violenze all’interno del Paese è legato pure il problema della diaspora e dell’emigrazione. Benedetto XVI ringrazia tutti coloro che in diversi Paesi accolgono gli irakeni che “per un certo periodo, debbono purtroppo abbandonare l’Iraq” e chiede ai vescovi di aver cura dei fedeli della diaspora. “È indispensabile – ha precisato il pontefice – che i fedeli custodiscano la loro identità culturale e religiosa e che i più giovani scoprano e apprezzino la ricchezza del patrimonio della loro Chiesa patriarcale. In tale prospettiva, l’assistenza spirituale e morale di cui i fedeli dispersi nel mondo hanno bisogno, deve essere presa in seria considerazione dai pastori, in relazioni fraterne con i vescovi delle chiese locali”.
Il papa ha anche sottolineato l’importanza delle assemblee sinodali fra i vescovi, esortandoli alla “comunione e a vivere la carità interepiscopale” per “elaborare orientamenti pastorali comuni”. A questo proposito, il sinodo dei vescovi caldei che era previsto per lo scorso dicembre, è stato rimandato a maggio 2009, pur con tutte le urgenze che presenza la situazione del Paese.
Infine, Benedetto XVI ha chiesto ai vescovi di essere vicini ai loro fedeli e spingerli con l’esempio a “rimanere prossimi delle persone nel bisogno o in difficoltà, dei malati, dei sofferenti” e ha elogiato l’impegno di molti cristiani che svolgono una “testimonianza disinteressata di carità… senza distinzione d’origine o di religione”.
Il papa ha concluso con un augurio: “La preghiera e l’aiuto dei vostri fratelli nella fede e di numerose persone di buona volontà vi accompagnino, così che il volto dell’amore di Dio possa continuare a brillare sul popolo irakeno che conosce così tante sofferenze”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – I vescovi caldei irakeni hanno donato a Benedetto XVI il mantello liturgico di mons. Paul Faraj Rahho (v.foto) e la stola di p. Ragheed Ganni, entrambi uccisi a Mosul, il primo nel 2008, l’altro nel 2007. Il dono è avvenuto durante l’udienza conclusiva della visita ad limina compiuta in questi giorni dai prelati orientali. Il papa ha ricevuto le due reliquie “con emozione” e ricordando le “vittime della violenza in Iraq durante questi anni” - e in particolare i due martiri e tanti altri sacerdoti e fedeli - ha detto che “il loro sacrificio è il segno del loro amore alla Chiesa e al loro Paese”.
Nel suo discorso ai vescovi, il pontefice ha sottolineato il valore “insostituibile” della Chiesa caldea nella storia dell’Oriente e dell’Iraq in particolare e li ha esortati a continuare questa missione al servizio “dello sviluppo umano e spirituale” del Paese. Per questo egli ha detto che “è necessario promuovere un alto livello culturale dei fedeli, soprattutto dei giovani. Una buona formazione nei diversi campi del sapere, sia religiosi che profani, è un investimento prezioso per l’avvenire”.
Egli ha pure chiesto ai fedeli irakeni di svolgere “un ruolo di moderazione” nella costruzione del Paese per plasmare rapporti di comprensione” fra cristiani e musulmani, precisando che “i cristiani che abitano l’Iraq da sempre, ne sono pienamente cittadini con tutti i diritti e i doveri di tutti, senza distinzione di religione”.
Il papa affronta in modo più diretto la “violenza quotidiana” di cui i cristiani sono fatti oggetto. Egli chiede ai vescovi di sostenere i loro fedeli “incitandoli ad amare la terra dei loro antenati a cui essi rimangono profondamente attaccati”. Allo stesso tempo i prelati devono “fare appello… alle autorità responsabili per il riconoscimento dei loro diritti umani e civili”.
Al problema delle violenze all’interno del Paese è legato pure il problema della diaspora e dell’emigrazione. Benedetto XVI ringrazia tutti coloro che in diversi Paesi accolgono gli irakeni che “per un certo periodo, debbono purtroppo abbandonare l’Iraq” e chiede ai vescovi di aver cura dei fedeli della diaspora. “È indispensabile – ha precisato il pontefice – che i fedeli custodiscano la loro identità culturale e religiosa e che i più giovani scoprano e apprezzino la ricchezza del patrimonio della loro Chiesa patriarcale. In tale prospettiva, l’assistenza spirituale e morale di cui i fedeli dispersi nel mondo hanno bisogno, deve essere presa in seria considerazione dai pastori, in relazioni fraterne con i vescovi delle chiese locali”.
Il papa ha anche sottolineato l’importanza delle assemblee sinodali fra i vescovi, esortandoli alla “comunione e a vivere la carità interepiscopale” per “elaborare orientamenti pastorali comuni”. A questo proposito, il sinodo dei vescovi caldei che era previsto per lo scorso dicembre, è stato rimandato a maggio 2009, pur con tutte le urgenze che presenza la situazione del Paese.
Infine, Benedetto XVI ha chiesto ai vescovi di essere vicini ai loro fedeli e spingerli con l’esempio a “rimanere prossimi delle persone nel bisogno o in difficoltà, dei malati, dei sofferenti” e ha elogiato l’impegno di molti cristiani che svolgono una “testimonianza disinteressata di carità… senza distinzione d’origine o di religione”.
Il papa ha concluso con un augurio: “La preghiera e l’aiuto dei vostri fratelli nella fede e di numerose persone di buona volontà vi accompagnino, così che il volto dell’amore di Dio possa continuare a brillare sul popolo irakeno che conosce così tante sofferenze”.
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