INDIA - Orissa, ancora uccisi e terrore in attesa del Natale
di Nirmala Carvalho
Una donna è stata tagliata a pezzi e gettata nella foresta. Un’altra è scomparsa. Entrambe erano tornate al loro villaggio per cercare di mietere il riso per la loro famiglia. Il governo incapace di garantire la sicurezza. Finora non è stato fatto alcun arresto per le violenze di questi mesi.
Bhubaneshwar (AsiaNews) – Terrore ancora diffuso nel distretto di Kandhamal (Orissa), dove da mesi si susseguono attacchi e uccisioni contro i cristiani. Il governo dell’Orissa spinge i cristiani a tornare ai loro villaggi, ma non garantisce alcuna sicurezza.
Nei giorni scorsi, due donne cristiane sono state uccise nel distretto. Erano tornate al loro villaggio per tentare di mietere il raccolto di riso dai loro campi, sperando di garantire cibo per la loro famiglia.
Una di loro, Bimala Nayak, 52 anni, è stata colpita con asce e gettata nella foresta. Il suo corpo è stato trovato in tre pezzi, fuori del villaggio di Gubria. Era uscita dal campo di rifugio di Nuagaon per mietere il riso dal suo pezzo di terra.
L’altra, Lalita Digal, 45 anni, è stata uccisa a Dodabali il 25 novembre scorso. Era ospitata nel campo profughi di K.Nuagam e il 21 novembre era uscita per tornare al villaggio e mietere il riso. Era ospitata da alcuni amici indù del villaggio. Testimoni raccontano che la donna è stata portata via dalla casa dove si trovava e il suo corpo non è stato ancora trovato.
Altre violenze sono da registrare nel villaggio di Tiangia. La notte fra il 25 e il 26 novembre sono state bruciate due case di cristiani e una di un indù che aveva osato dare il benvenuto ai cristiani. Il 25 novembre a Tiangia – villaggio natale di p. Bernard Digal, morto mesi dopo essere stato picchiato e torturato – le autorità del distretto avevano radunato il villaggio, dove sono stati uccisi 6 cristiani, e avevano celebrato un “Incontro per la pace”, in cui si garantiva il ritorno dei cristiani fuggitivi.
Il Global Council of Indian Christians (Gcic) punta il dito contro l’incapacità (forse voluta) del governo locale nel fermare le violenze. Parlando ad AsiaNews, Sajan George, presidente del Gcic, ha sottolineato che “mentre Natale si avvicina, la paura domina ancora fra i cristiani di Kandhamal, per la memoria delle violenze in questi anni, ma soprattutto per il fallimento dell’amministrazione di contenere le violenze in larga scala scatenatesi sui cristiani dopo l’uccisione di Swami Laxamananda Saraswati”.
L’uccisione del leader indù del Vhp (Vishwa Hindu Parishad), lo scorso 23 agosto, da parte di un gruppo maoista, è stata la scintilla da cui è partito il pogrom contro i cristiani dell’Orissa. Sajan George conferma la sua sfiducia nel governo dell’Orissa e afferma che “dopo 3 mesi non è stato fatto alcun arresto dei colpevoli delle violenze”, anche se l’amministrazione spinge i cristiani fuggiti – circa 54 mila - a ritornare ai loro villaggi. Egli ricorda che altre violenze contro le comunità cristiane si registrano pure negli anni scorsi e nel dicembre 2007, quando sono state uccise 3 persone, bruciate 13 chiese e centinaia di case di cristiani.
Naveen Patnaik, primo ministro dell’Orissa (chief minister), ha esibito davanti al parlamento le cifre dell’impegno del governo per la legalità, contro le violenze sui cristiani. Due giorni fa egli ha detto che almeno 10 mila persone sono state inquisite per “le violenze di Kandhamal” e 598 sono state arrestate dopo la presentazione di 746 denunce. Ma nessuno di questi casi si riferisce agli attacchi avvenuti dall’agosto 2008.
Rispondendo a una domanda di alcuni parlamentari, egli ha detto che finora, sulle violenze avvenute dopo la morte di Swami Laxamananda, egli ha ricevuto un rapporto – ancora incompleto – secondo cui sono state bruciate o danneggiate 4215 case e almeno 252 chiese o luoghi di preghiera.
Sebbene la polizia abbia già arrestato 3 persone collegate con l’uccisione dello Swami, molti gruppi radicali indù hanno pianificato manifestazioni per criticare la lentezza delle forze dell’ordine nell’assicurare i colpevoli alla giustizia. Le manifestazioni si dovrebbero tenere proprio il giorno di Natale, il 25 dicembre prossimo. I cristiani temono che queste manifestazioni scateneranno una nuova ondata di violenze contro di loro.
Bhubaneshwar (AsiaNews) – Terrore ancora diffuso nel distretto di Kandhamal (Orissa), dove da mesi si susseguono attacchi e uccisioni contro i cristiani. Il governo dell’Orissa spinge i cristiani a tornare ai loro villaggi, ma non garantisce alcuna sicurezza.
Nei giorni scorsi, due donne cristiane sono state uccise nel distretto. Erano tornate al loro villaggio per tentare di mietere il raccolto di riso dai loro campi, sperando di garantire cibo per la loro famiglia.
Una di loro, Bimala Nayak, 52 anni, è stata colpita con asce e gettata nella foresta. Il suo corpo è stato trovato in tre pezzi, fuori del villaggio di Gubria. Era uscita dal campo di rifugio di Nuagaon per mietere il riso dal suo pezzo di terra.
L’altra, Lalita Digal, 45 anni, è stata uccisa a Dodabali il 25 novembre scorso. Era ospitata nel campo profughi di K.Nuagam e il 21 novembre era uscita per tornare al villaggio e mietere il riso. Era ospitata da alcuni amici indù del villaggio. Testimoni raccontano che la donna è stata portata via dalla casa dove si trovava e il suo corpo non è stato ancora trovato.
Altre violenze sono da registrare nel villaggio di Tiangia. La notte fra il 25 e il 26 novembre sono state bruciate due case di cristiani e una di un indù che aveva osato dare il benvenuto ai cristiani. Il 25 novembre a Tiangia – villaggio natale di p. Bernard Digal, morto mesi dopo essere stato picchiato e torturato – le autorità del distretto avevano radunato il villaggio, dove sono stati uccisi 6 cristiani, e avevano celebrato un “Incontro per la pace”, in cui si garantiva il ritorno dei cristiani fuggitivi.
Il Global Council of Indian Christians (Gcic) punta il dito contro l’incapacità (forse voluta) del governo locale nel fermare le violenze. Parlando ad AsiaNews, Sajan George, presidente del Gcic, ha sottolineato che “mentre Natale si avvicina, la paura domina ancora fra i cristiani di Kandhamal, per la memoria delle violenze in questi anni, ma soprattutto per il fallimento dell’amministrazione di contenere le violenze in larga scala scatenatesi sui cristiani dopo l’uccisione di Swami Laxamananda Saraswati”.
L’uccisione del leader indù del Vhp (Vishwa Hindu Parishad), lo scorso 23 agosto, da parte di un gruppo maoista, è stata la scintilla da cui è partito il pogrom contro i cristiani dell’Orissa. Sajan George conferma la sua sfiducia nel governo dell’Orissa e afferma che “dopo 3 mesi non è stato fatto alcun arresto dei colpevoli delle violenze”, anche se l’amministrazione spinge i cristiani fuggiti – circa 54 mila - a ritornare ai loro villaggi. Egli ricorda che altre violenze contro le comunità cristiane si registrano pure negli anni scorsi e nel dicembre 2007, quando sono state uccise 3 persone, bruciate 13 chiese e centinaia di case di cristiani.
Naveen Patnaik, primo ministro dell’Orissa (chief minister), ha esibito davanti al parlamento le cifre dell’impegno del governo per la legalità, contro le violenze sui cristiani. Due giorni fa egli ha detto che almeno 10 mila persone sono state inquisite per “le violenze di Kandhamal” e 598 sono state arrestate dopo la presentazione di 746 denunce. Ma nessuno di questi casi si riferisce agli attacchi avvenuti dall’agosto 2008.
Rispondendo a una domanda di alcuni parlamentari, egli ha detto che finora, sulle violenze avvenute dopo la morte di Swami Laxamananda, egli ha ricevuto un rapporto – ancora incompleto – secondo cui sono state bruciate o danneggiate 4215 case e almeno 252 chiese o luoghi di preghiera.
Sebbene la polizia abbia già arrestato 3 persone collegate con l’uccisione dello Swami, molti gruppi radicali indù hanno pianificato manifestazioni per criticare la lentezza delle forze dell’ordine nell’assicurare i colpevoli alla giustizia. Le manifestazioni si dovrebbero tenere proprio il giorno di Natale, il 25 dicembre prossimo. I cristiani temono che queste manifestazioni scateneranno una nuova ondata di violenze contro di loro.
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