Dal prof. Carlo Bellieni

Carlo Bellienivenerdì 19 novembre 2010

 Quanto è moderno questo Papa, e come coglie il succo delle questioni mediche! «La giustizia sanitaria deve essere fra le priorità nell'agenda dei Governi e delle Istituzioni internazionali», dice Benedetto XVI alla 25esima Conferenza internazionale per gli operatori sanitari tenutasi ieri. «Purtroppo - continua -, accanto a risultati positivi e incoraggianti, vi sono opinioni e linee di pensiero che la feriscono: mi riferisco a questioni come quelle connesse con la cosiddetta 'salute riproduttiva', con il ricorso a tecniche artificiali di procreazione comportanti distruzione di embrioni».

Ed ecco l'altro punto forte toccato dal Papa oggi: lo spreco farmacologico, che da una parte ha il soggettivismo che riduce la medicina a mercato, e dall'altra ha il "disease mongering", cioè il mercato vero e proprio che certe case farmaceutiche fanno della malattia, inventandosi addirittura le malattie (da situazioni che malattia non sono) per vendere farmaci, come denunciato da tantissime pubblicazioni scientifiche (vedi ad esempio il numero di luglio 2006 di PLos Medicine). «Nella nostra epoca - scrive infatti Ratzinger - si assiste ad un'attenzione alla salute che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo». 

Come dargli torto? Ma non si ferma qui, affonda il colpo: «Si assiste dall`altra parte, alla difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi». Cosa dire, quando invece assistiamo ad una crociata per risolvere i problemi di sanità nei paesi poveri solo pressando per non far riprodurre i cittadini, surclassando un diritto inscritto nel DNA prima ancora che nelle costituzioni? Come non sentirsi bruciare dentro per il realismo di questo quadro, per la forza di questo dramma?

Ecco altri apolidi morali: chi non ha la forza di alzare la voce viene invitato a non riprodursi, a scomparire, come denunciavano di recente gruppi di afroamericani indicando l'aborto (e la parallela mancanza di aiuti economici alle donne povere, in maggioranza di colore) come un sistema per far sparire la minoranza di colore dagli USA (New York Times, febbraio 2010). E' davvero questa la nuova frontiera che il Papa ci indica: la lotta per la cittadinanza morale di tutti, per il diritto di tutti al riconoscimento di essere pienamente e inalienabilmente umani, anche quando sono così infinitamente piccoli o infinitamente poveri da non poterlo reclamare.

Parlare di giustizia sanitaria nel caso di aborto e soppressione di embrioni vuol dire capire il nocciolo della questione: non si tratta più ormai di un diritto alla vita che viene messo in dubbio, ma di un diritto alla cittadinanza: certe "classi" di esseri umani valgono meno degli altri e se ne può disporre, per esempio per farne medicamenti per altri (ricchi e adulti), come è successo in via sperimentale di recente con degli embrioni usati come medicine.

E' un attacco al diritto alla cittadinanza che va anche oltre l'epoca prenatale, che si spinge a non considerare persona il neonato, il disabile mentale, l'anziano con demenza e così via, creando una nuova categoria: gli "apolidi morali", cioè quelle persone che hanno perso il diritto di essere chiamate tali, il diritto di essere "persone", secondo la linea vincente della bioetica mondiale. Che un embrione sia un essere umano vivo non lo dubita neanche il più acceso abortista; solo che per lui l'embrione è un essere umano che vale meno degli altri. E qui è il vulnus verso la giustizia, che vorrebbe invece che tutti si trattino allo stesso modo, e che non è un vezzo cristiano, come ben insegnava il laico Emmanuel Kant, per il quale nessun uomo è un mezzo per la felicità dell'altro, ma ognuno è in sé un fine. Insomma, parafrasando George Orwell, oggi "tutti gli uomini (donne) sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri".

Che modernità, quella di un Papa che capisce questo, che evidentemente non trova una giustificazione unicamente teologica alla difesa dell'umano, ma che ha per alleati il meglio del pensiero moderno. Già, perché il pensiero "moderno" riconosce l'evidenza; quello attuale (detto "postmoderno") invece la trascura in nome del soggettivismo e la scienza passa in secondo piano rispetto al nuovo mito: l'autodeterminazione. Per il pensiero "postmoderno", anche se su tutti i testi di embriologia c'è scritto che la vita inizia al concepimento, io lo ignoro in base al "secondo me"; la malattia non esiste se a me non conviene, o esiste, anche contro il parere di mille medici, se io decido che sono malato.

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