La luce che riempie l’abisso

 Articolo tratto dal mensile "Vivere... e non vivacchiare"


Siamo vicini al momento più bello dell’anno. A detta di tutti, cristiani, atei e persino gli islamici il Natale è il periodo più sereno, più magico dell’anno. Ma perché?

In pochissimi si ricordano della nascita di Gesù Cristo, in pochissimi cercano di fare un bilancio della propria vita per cercare di capire quali sono i lati del nostro carattere che necessitano di un miglioramento e di una grazia. Quasi nessuno si mette a nudo con i propri pregi e i propri difetti di fronte al Mistero più grande dell’Eternità; l’Incarnazione di Gesù Cristo. Mi capita molto spesso di pensare al Natale e di avere paura, paura di non riuscire ad apprezzare con tutto me stesso la grandezza di questa festa, il suo significato e i suoi effetti nella mia vita. Uno dei ricordi più belli della mia infanzia è legato alla Scuola Chesterton e al “Concerto di Natale”. Mi risuonano ancora nella mente le musiche del coro della nostra Compagnia e la bellezza delle parole delle poesie e dei racconti di poeti di tutto il mondo che venivano decantate da noi alunni. La Chiesa di San Giovanni Battista faceva da sfondo e la gente con trepidazione e commozione si accorgeva, man a mano che passava il tempo,  di essere di fronte alla grandezza di Dio. Questo ricordo, questa santa commozione mi è rimasta dentro, e anche oggi penso a quei giorni come ai periodi di pace e di serenità più belli della mia vita. Alle volte ci troviamo a fare strani bilanci della nostra vita e molto spesso il riconoscersi incapaci e limitati si impossessa di noi, e questo continuo vagare della nostra mente lacera e pietrifica i nostri desideri. È l’arte del maligno che prova in tutti i modi a mettere un’ombra nei nostri pensieri, una crepa nel nostro cuore, una macchia che sembra difficilissima da togliere, viste le terribili suggestioni che alle volte il demonio ci mette in testa. Infine, avere paura che queste cose non ci abbandonino mai e che tutto possa finire come in un abisso in pochi secondi. La paura di essere inutili, di vivere senza una ragione, di non essere amati come vorremmo, compongono un quadro futurista da cui è impossibile uscire senza un’ Artista più grande di noi che prende la tavolozza e inizia a disegnare cose fantastiche sui nostri errori e sulle nostre mancanze. Come Scrooge, dovremmo essere capaci, con un colpo di coda, di uscire dalla tomba senza nome in cui lentamente la nostra umanità ci mette. Come diceva Chesterton nel suo “Christmas Carol Poem”:

“Oh, stanco, stanco è il mondo,/Ma qui è il desiderio del mondo.”

Questo è il bello, che Dio il 25 Dicembre si fa Carne e viene a redimere il desiderio del mondo. Sì, perché anche il mondo con tutte le sue meraviglie si sarebbe stancato di sé stesso non avendo qualcuno da ringraziare. Ed è per questo che quella notte di 2024 anni fa la terra, i mari, i fiori, gli animali i re e i pastori e tutto ciò che è stato creato lo guardavano:

“Il bambino Gesù stava sulle ginocchia di Maria, I suoi capelli erano come una corona,/E tutti i fiori lo guardavano in su,/E tutte le stelle guardavano in giù”.

Anche le scritture ci spronano a non essere stanchi della nostra umanità in un modo molto strano. Nell’ Exsultet si fa addirittura una lode alla colpa di Adamo ed Eva e si legge:

O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem”, la cui traduzione è : “Beata colpa, che

meritò tale e così grande Redentore”. E ancora: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia", sono cose davvero rincuoranti da leggere ed ecco che la stanchezza e la limitatezza della nostra vita ci abbandonano. Il cuore esulta, la nostra intelligenza respira e questo sentirsi figli, non lasciati alla mercè dei nostri difetti, ci dà una nuova vita. Papa Benedetto diceva: “ Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla.” È proprio questa la bellezza, lasciarsi come bambini nelle mani di Dio che in quella notte verrà ad unire il cielo e la terra e dove le nostre vite respireranno l’eternità. Sta a noi vivere lo spirito del Natale, sta a noi rilanciarci e inondare il nostro cuore avendo la speranza che alla fine la nostra indole migliore prevarrà.

Pier Giorgio Sermarini







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