Un'educazione distributista - di Stratford Caldecott
Per gentile concessione dell'amico Stratford Caldecott, che ringraziamo, pubblichiamo la traduzione di un intervento pubblicato dal sito Distributist Review (in calce trovate il collegamento) sull'educazione distributista; il breve saggio riprende alcuni concetti già espressi da Caldecott in un altro intervento cui demmo spazio alcuni mesi fa dal titolo "La questione dello scopo".
__________________
Esiste una filosofia distributista dell'educazione? E se esistesse, quale sarebbe?
Per "distributismo" intendo la visione secondo cui la proprietà privata dovrebbe essere largamente distribuita nella società invece di essere distribuita in poche mani per fare in modo che più persone, o addirittura la maggior parte, possano prendersi la responsabilità delle proprie famiglie per mezzo di un lavoro produttivo e dignitoso. Questo può essere visto come una espressione pratica o implicazione delle dottrine sociali cattoliche della sussidiarietà nella solidarietà, del bene comune e della famiglia come migliore fondazione di una sana società civile.
Il distributismo non è il socialismo. Non prevede che la proprietà venga rubata al ricco e data al povero, o espropriata dallo Stato, o da un partito che rappresenta il popolo, ma piuttosto che la legge renda facile per il possidente, proprietario terriero, commerciante o negoziante il sopravvivere, e difficile per il magnate accumulare così tanta ricchezza e potere che il predetto [il proprietario/commerciante/negoziante n.d.T.] sia costretto a diventare nulla più che un suo dipendente o, nei fatti, uno schiavo salariato. [1]
Si suppone che gli umani non siano più felici grazie all'accumulo di grandi ricchezze ma attraverso il possesso della libertà, nel senso di autoresponsabilità e autodeterminazione e specialmente libertà di creare e sostenere una famiglia. Ad un uomo dovrebbe essere permesso di stare in piedi da solo e non di penzolare dalla cintura di un altro.
Se questa è una comprensione corretta della natura umana, allora costruire una società dove libertà, responsabilità e proprietà siano ampiamente distribuite non è imporci un'altra ideologia quanto piuttosto liberarci dalle ideologie – liberarci per vivere secondo i migliori istinti umani.
Di fatto il distributismo non è tanto una politica economica quanto una filosofia e un modo di vivere. G.K. Chesterton e i suoi amici, che in origine lo proposero all'inizio del XX secolo, avevano perso fede nei politici e nei partiti e miravano invece ad ispirare un movimento popolare – un movimento spirituale di rinnovamento – a sostegno della famiglia allargata e del "buon lavoro" (per usare un'espressione di E. F. Schumacher).
Qualcosa di simile potrebbe essere affermato nel campo dell'educazione, che nella grande tradizione occidentale è o dovrebbe essere un'educazione a favore della libertà – una educazione "liberale". Nel mio studio in due parti delle sette Arti Liberali che ho completato di recente (Beauty for Truth's Sake e Beauty in the Word), mostro come queste arti si siano evolute come una preparazione della più alta libertà umana che culmina nella contemplazione religiosa e nella santità – il conseguimento di Verità, Bellezza e Bontà. Lo studio di queste sette arti era preparatorio a quello di filosofia e teologia, in cui l'anima poteva ottenere la sua libertà più alta.
Le tre arti del linguaggio consistevano nella reminiscenza dell'essere attraverso la Grammatica, lo svelamento della libertà attraverso la Dialettica, e la comunicazione della comprensione attraverso la Retorica. Le quattro arti matematiche erano dedicate allo studio della forma nel numero, nella figura, nella musica, all'astronomia, e così la scoperta delle armonie di spazio e tempo – "il cosmo" scoperto, forse, da Pitagora.
Il "ri-incanto" dell'educazione non è la semplice reiterazione di quelle antiche categorie, né un tentativo di costringere l'universo a conformarsi a una cosmologia primitiva, ma un rinnovamento della ricerca di armonia e del Logos dentro il complesso mondo rivelato dalla scienza moderna, e la reintegrazione di scienza con arte e le discipline umanistiche attraverso l'apprezzamento dei poteri umani poetici e immaginativi che sono operanti egualmente in entrambi.
Il nostro sistema educativo riflette sempre un particolare sguardo sulla natura umana. Gran parte dell'educazione moderna riflette uno sguardo frammentario, e l'appello che ho cercato di fare attraverso i miei libri è per una visione più olistica. Infatti credo che la natura umana nella sua integrità sia a noi rivelata nella figura di Cristo, sebbene una persona non debba condividere quella fede per riconoscere la comprensione che ne deriva.
Com'è questo "distributista"? Come il distributismo, è basato sulla nozione che potremmo diventare tutti più liberi e quindi più felici (nel senso di "beati") crescendo nella vera libertà, non la semplice libertà di scelta ma libertà di essere capaci di scegliere il bene. Quella libertà è ottenuta dalla distribuzione più ampia della saggezza. Di fatto direi che il distributismo nel senso economico e sociale fallirà sempre se non sarà sostenuto dall'acquisizione più ampia di saggezza, cioè di libertà intellettuale nella verità, dal momento che in ultima analisi è la verità a farci liberi. Così, il successo del distributismo dipenderà molto probabilmente dal riuscito ri-incanto dell'educazione.
Si dà il caso che le scuole stesse costituiscano un target ideale per la riforma distributista. Dal momento che i genitori sono i primi educatori dei loro figli, è appropriato che esercitino la loro responsabilità istruendoli a casa o giocando un ruolo attivo nella scuola locale. Certamente, in molte scuole i genitori potrebbero formare una parte del consiglio di amministrazione, ma una soluzione più distributista sarebbe, per i genitori, possedere la scuola come "corpo" gestendola come organizzazione benefica o cooperativa per il beneficio dei figli, liberi dal controllo governativo.
Nel Medioevo le università ebbero origine come corporazioni possedute e gestite da gruppi di insegnanti o studenti. Oggi molte scuole elementari, medie e secondarie vengono fondate da genitori e insegnanti (la Chesterton Academy ne è un esempio evidente) o vengono liberate dal controllo statale. Questi esperimenti meritano la nostra attenzione e il nostro incoraggiamento. In molti modi il futuro del distributismo e forse, in un certo modo, della civiltà stessa, dipende dal loro successo.
Note
[1] Il distributismo è meno irrealizzabile di quanto spesso non si ritenga – benché dipenda, come dico più avanti, nella presenza di un certo spirito di cooperazione. In paesi meno sviluppati è eminentemente pratico, e anche nell'Occidente sviluppato potrebbe suggerire alternative praticabili a un sistema economico senza dubbio sull'orlo del collasso. Alcuni di questi approcci alternativi al mondo bancario e degli affari sono riportati nell'enciclica Caritas in Veritate di Papa Benedetto XVI.
Tratto da: http://distributistreview.com/mag/2012/07/a-distributist-education/
Commenti