Dal prof. Carlo Bellieni

 Una moda diffusa quanto dannosa

I test di paternità violano il sacrosanto diritto del figlio alla privacy

di Carlo Bellieni   9 Luglio 2012

 

Tra le mode di oggi – si dice che vendano anche i kit su internet e ne leggiamo sempre più sui giornali– c'è quella delle analisi genetiche di paternità. Reale diritto? Chissà! Dubitiamo che lo sia, non perché possa dar fastidio ai padri - se la donna che ha avuto più rapporti volesse col test capire di chi è davvero i figlio-; e non perché possa dar fastidio alle madri -che possono essere smentite dal marito cui la donna attribuiva la paternità-. Quello che davvero ci preoccupa ma che sembra non preoccupare nessuno, è che questo va contro il sacrosanto diritto del figlio alla privacy. Perché il test lo fanno a lui. Invece su tanti giornali la cosa passa come se il test si facesse a una patata, per decidere chi è il padrone.

E passa con una facilità tale da farlo diventare di moda, come recita i proverbio inglese: "Per chi ha un martello, ogni cosa è un chiodo". In fondo, viviamo in un mondo tecnologico, in cui sembra proprio che tutto quello che si può fare tecnicamente sia lecito. Così almeno passa tra la gente. E se obietti qualcosa dicono che "sei contro la scienza" o "contro la libertà dell'individuo". Poco gli importa che proprio la scienza, con la dichiarazione di Helsinki abbia messo dei paletti agli scienziati, che tutti gli scienziati accettano… Ma evidentemente per i massmedia e per certi politici, i paletti vanno messi solo quando fa piacere a loro, soprattutto non vanno messi alle ricerche alla moda.

Già, la moda: tante precauzioni per la privacy degli adulti, ma poi quando si parla dei bambini ci si comporta come se fossero un ortaggio appena comprato al supermarket. Già, perché nessuno lo domanda, ai bambini, se loro davvero vogliono che il loro DNA sia analizzato. Pensate se domani scopriste che vostra sorella o vostro marito vi ha analizzato il DNA… e con i bambini succede; senza che loro diano alcun consenso.

Strano mondo, quello in cui i diritti dei bambini sono ancorati ad un livello di serie B.

E non capiamo tutto il parlare dei mirabolanti risultati di questi test di paternità che dalle pagine patinate dei giornali ci annunciano che il 10% dei figli è di un padre diverso dal marito; quasi a giustificare involontariamente il tradimento maschile o femminile ("cosa volete… così fan tutti" si dirà), e senza considerare che verosimilmente questi sono i risultati dei laboratori dove evidentemente si rivolge chi ha già un serio dubbio di paternità. Semmai quello che sembra strano è che il tasso di figli illegittimi tra chi già ha dei seri dubbi sia solo del 10%, il che vuol dire che il 90% dei padri che hanno seri motivi di dubitare delle mogli si sbaglia.

Strano mondo quello in cui non ci si fida più di nessuno.

E in questo modo zoppo di considerare i bambini e di considerare il rapporto di coppia, i bambini stanno a guardare. Non sono lì con gli occhi sbarrati di chi segue un racconto spaventoso, ma ancor più spaventati voltano la testa dall'altra parte, e ascoltano. Ascoltano la TV dire che loro forse sono figli del vicino di casa, che la loro mamma è ad alta probabilità di aver buggerato il babbo, che il babbo – fosse anche il loro – li ha accettati solo perché erano proprio e solo come lui li voleva. Ascoltano, i bambini, e immagazzinano tutte queste cose facendo finta di giocare, o forse giocando per non sentire (ma ci riescono?). E mentre giocano ormai da soli (la stragrande maggioranza non ha fratelli e vede li amici solo alle feste, mai nelle strade o nelle piazze), ci guardano sempre con maggior diffidenza, senza speranza: in fondo quella attuale è la prima generazione di ragazzini che non critica quella precedente per le idee –"vecchi Matusa!" si diceva nel '68- ma perché li lascia senza soldi… (PS: è la generazione dei figli di quelli che nel '68 giravano con l'eskimo: complimenti per la rivoluzione!)

Ci guardano con diffidenza grazie anche alle notizie fuorvianti che gli lasciamo arrivare come fossero acqua fresca e grazie al nostro costume di trattare i bambini come prodotti (di cui il test di paternità a tappeto è solo un esempio). Se domani ci prenderanno a calci, potremo dire che la colpa non è nostra?

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