Chiesa e mondo, la grande guerra - da Il Foglio del 26 Luglio 2011
Notizie di ogni giorno ci dicono della grande guerra tra chiesa e mondo. C'è sempre stata, oggi ha una radicalità speciale e un significato speciale. La durezza del confronto dipende dal fronte interno, l'ala del clero e del pensiero cattolico che imbraccia come un bazooka le sue suggestive e potenti ansie riformatrici: le regole mondane, nella loro forma ideologica più elementare, come arieti dell'ideologia di massa e del pensiero unico più forti e pervasivi che siano mai comparsi sulla scena storica, pretendono di farsi valere nella chiesa cattolica senza il dramma luterano del dubbio, senza il dramma claustrale del monaco riformatore agostiniano, senza dramma teologico del tutto, niente san Paolo e niente sant'Agostino. La penetrazione invasiva nella tradizione dilaga come pura omologazione della costituzione apostolica della chiesa latina al dettato della modernità. Il carattere tremendamente significativo della battaglia deriva da questo: il moderno vuole scardinare l'ultimo bastione clericale della religione tradizionale perché si comprende ormai come una religione rituale e secolare, integra in modo suadente e irrecusabile ciò che la lotta tra liberalismo e totalitarismi aveva violentemente separato nel Novecento, incarna sempre nuove utopie egualitarie, psicologie educative prive del senso dell'obbedienza e della gerarchia, filosofie di genere e mitologie salutiste in nome delle quali si compie nell'ultimo mezzo secolo la più grande strage della storia dell'umanità, l'annientamento seriale dei non nati e la selezione eugenetica della razza umana su scala industriale con il mezzo multiforme dell'ingegneria biologica e di altre tecniche del transumanesimo.
Il governo irlandese trasforma i casi di pedofilia del clero in un processo alla chiesa e al sacramento della penitenza mediante confessione, esige di fare chiarezza nell'anima, fa decadere la complessità irrimediabile del peccato a ipotesi di reato. I preti austriaci a centinaia, nelle diocesi governate da un vescovo e cardinale illuminato, intelligente e colto come Christoph Schoenborn, si appellano alla rivolta e guidano la rivolta dei fedeli contro il celibato sacerdotale, a favore dell'ordinazione delle donne, per una tolleranza zero in materia sessuale liquidatoria dell'autonomia pastorale del clero, repressione di stato contro espiazione e correzione pastorale. Anche molti preti americani, australiani, africani non sopportano più il giogo di ciò che è tramandato. Il loro nuovo eroe, il prete mariano Roy Bourgeois, dice che non può recedere dalla sua decisione di accettare e incentivare l'ordinazione delle donne, il matrimonio dei preti, la benedizione eucaristica delle coppie divorziate e risposate, perché quella è la sua idea e il dettato della coscienza gli impone di non mentire. Obbedire è un verbo che non si coniuga più o si considera con estrema fatica, anche nelle caserme e nelle scuole, per non dire nella politica e nelle faccende di stato, dunque anche un prete non ha più da obbedire a nulla che non sia la sua opinione di coscienza, che in Lutero fondava nuove chiese e una nuova alleanza antiromana con i principi tedeschi, oggi fonda la perfetta pretesa di sottomissione dei canoni ecclesiastici alle ideologie del mainstream sociale e alla legge dello stato.
Lo scardinamento della chiesa parte, come progetto, dalla sua debolezza profetica, dalle difficoltà effettive della fede cristiana come dimensione privata e pubblica, dai suoi errori storici e dalle sue astruserie talvolta vagamente e banalmente eticizzanti, ma anche da bisogni reali: i preti scarseggiano, bisogna provvedere, c'è un marketing da affermare nel mercato del lavoro del sacro. Ma il bisogno profondo di settori militanti e simbolicamente forti della chiesa è di abolire ogni dissimiglianza con il mondo, di aderire senza troppe riserve allo schema della democrazia eguale e dei diritti, di sradicare la costituzione dogmatica in cui è cresciuta per secoli la tradizione con i suoi dogmi, con i suoi libri.
Non sono problemi interni del Vaticano, delle conferenze episcopali. Sono i segni di una grande guerra culturale che è destinata ad avere riflessi giganteschi anche sul mondo secolare, laico, su tutti noi, sul nostro modo di concepire l'esistenza, prima di tutto nell'ambito della civiltà occidentale ebraica e greco-latina, e di raccordare passato e futuro nel problematico tempo presente. E' difficile decidere che cosa si debba pensare di tutto questo, le remore e le varianti possibili sono tante, ma l'ipotesi non più così remota della caduta in disgrazia e della soppressione identitaria della chiesa che sopravvisse alla Riforma nel Cinquecento non è materia di ricerca per gli storici di domani. E' ansia per noi laici di adesso.
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