Mario Palmaro - Assalto alla legge 40 - Ci riprovano a Milano
Da La Bussola Quotidiana
La legge 40 sulla fecondazione artificiale entrerà presto nel guinness dei primati: non si contano più, infatti, i tentativi messi in atto dai giudici italiani per scardinarla, svuotarla dall'interno, smontandola un po' alla volta.
L'ultimo colpo di maglio in ordine di tempo lo ha assestato il Tribunale di Milano che giovedì 3 febbraio ha eccepito l'incostituzionalità della legge, e ha inviato gli atti alla Consulta.
Secondo i giudici ambrosiani, le norme della legge 40 del 2004 che vietano la fecondazione eterologa sono contro la nostra Costituzione, in quanto un simile divieto ''non garantisce alle coppie cui viene diagnosticato un quadro clinico di sterilità irreversibile il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare''.
Ormai anche i sassi hanno capito che all'interno della magistratura esiste un fronte a trazione ideologica, che ha deciso di dare l'assalto alla legge sulla fecondazione artificiale. Del resto, le vicende giudiziarie presentano una dinamica che tende a ripetersi come un copione già scritto: una coppia presenta istanza contro parti della legge 40, facendosi assistere da un pool di numerosi, competenti e agguerriti legali. Le cliniche che fanno fecondazione artificiale, evidentemente, non stanno a guardare. E i giudici, accondiscendenti, fanno proprie le memorie degli avvocati, e sollevano eccezione di incostituzionalità.
Ma c'è un aspetto ulteriore che rende ancor più cagionevole la legge 40: l'esistenza di una giurisdizione sovrannazionale, nel quadro dell'entità giuridica e politica europea. Non si tratta più, infatti, di far valere, interpretandoli per altro in maniera elastica, i soli principi della Costituzione del 1948: ora vi sono anche le norme delle convenzioni e delle Carte europee. Il 23 febbraio la Corte Europea dei diritti dell'Uomo si pronuncerà sulla conformità alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo della legge austriaca, che pone un divieto analogo a quello italiano alla fecondazione artificiale di tipo eterologo. Ovviamente, la decisione riguarda l'Austria. Ma sarebbe stupido non capire che esiste un nesso logico fra un'eventuale decisione avversa e il destino della normativa in vigore in Italia.
Di fronte a questa massiccia offensiva, la legge vacilla. Ed è inutile che, in chiave apologetica, si continui a sostenere che per ora non è cambiato nulla. La Corte costituzionale italiana ha già colpito a morte l'impianto della norma, scardinando il limite massimo dei tre embrioni da produrre. Nei mesi scorsi, un'impressionante inchiesta del settimanale Tempi dimostrava che ormai, nelle cliniche italiane della provetta, i vincoli originari della legge sono spesso disattesi. E tutto lascia presagire che altre ferite verranno inferte al testo. Al punto che sarà ben difficile riconoscere il volto originario della legge 40, una volta che l'azione dei giudici di vario livello l'avrà rosicchiata abbondantemente.
La legge 40 portava in sé, del resto, un peccato originale di logica giuridica, messo in luce dalle motivazioni della stessa sentenza della Corte Costituzionale italiana: rilevava infatti la Consulta che il legislatore non ha voluto vietare la fecondazione artificiale; e che, ammettendo la fecondazione omologa con l'impianto di più embrioni, lo Stato italiano dichiarava lecito destinare a morte sicura numerosi embrioni, se ciò si rende necessario per soddisfare il desiderio di maternità della coppia. Ragionamento purtroppo ineccepibile, in base al quale la Corte ha ritenuto di eliminare il divieto di produzione di più di tre embrioni.
Ora, se il sacrificio di vite umane è legittimo e subordinato al desiderio di maternità, a maggior ragione il divieto di ricorrere ai gameti esterni alla coppia appare appeso a un filo. Prima o poi, si troverà un giudice – a Roma o a Bruxelles – disposto a cancellare l'ultimo baluardo della "via italiana al figlio in provetta".
di Mario Palmaro
04-02-2011
La legge 40 sulla fecondazione artificiale entrerà presto nel guinness dei primati: non si contano più, infatti, i tentativi messi in atto dai giudici italiani per scardinarla, svuotarla dall'interno, smontandola un po' alla volta.
L'ultimo colpo di maglio in ordine di tempo lo ha assestato il Tribunale di Milano che giovedì 3 febbraio ha eccepito l'incostituzionalità della legge, e ha inviato gli atti alla Consulta.
Secondo i giudici ambrosiani, le norme della legge 40 del 2004 che vietano la fecondazione eterologa sono contro la nostra Costituzione, in quanto un simile divieto ''non garantisce alle coppie cui viene diagnosticato un quadro clinico di sterilità irreversibile il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare''.
Ormai anche i sassi hanno capito che all'interno della magistratura esiste un fronte a trazione ideologica, che ha deciso di dare l'assalto alla legge sulla fecondazione artificiale. Del resto, le vicende giudiziarie presentano una dinamica che tende a ripetersi come un copione già scritto: una coppia presenta istanza contro parti della legge 40, facendosi assistere da un pool di numerosi, competenti e agguerriti legali. Le cliniche che fanno fecondazione artificiale, evidentemente, non stanno a guardare. E i giudici, accondiscendenti, fanno proprie le memorie degli avvocati, e sollevano eccezione di incostituzionalità.
Ma c'è un aspetto ulteriore che rende ancor più cagionevole la legge 40: l'esistenza di una giurisdizione sovrannazionale, nel quadro dell'entità giuridica e politica europea. Non si tratta più, infatti, di far valere, interpretandoli per altro in maniera elastica, i soli principi della Costituzione del 1948: ora vi sono anche le norme delle convenzioni e delle Carte europee. Il 23 febbraio la Corte Europea dei diritti dell'Uomo si pronuncerà sulla conformità alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo della legge austriaca, che pone un divieto analogo a quello italiano alla fecondazione artificiale di tipo eterologo. Ovviamente, la decisione riguarda l'Austria. Ma sarebbe stupido non capire che esiste un nesso logico fra un'eventuale decisione avversa e il destino della normativa in vigore in Italia.
Di fronte a questa massiccia offensiva, la legge vacilla. Ed è inutile che, in chiave apologetica, si continui a sostenere che per ora non è cambiato nulla. La Corte costituzionale italiana ha già colpito a morte l'impianto della norma, scardinando il limite massimo dei tre embrioni da produrre. Nei mesi scorsi, un'impressionante inchiesta del settimanale Tempi dimostrava che ormai, nelle cliniche italiane della provetta, i vincoli originari della legge sono spesso disattesi. E tutto lascia presagire che altre ferite verranno inferte al testo. Al punto che sarà ben difficile riconoscere il volto originario della legge 40, una volta che l'azione dei giudici di vario livello l'avrà rosicchiata abbondantemente.
La legge 40 portava in sé, del resto, un peccato originale di logica giuridica, messo in luce dalle motivazioni della stessa sentenza della Corte Costituzionale italiana: rilevava infatti la Consulta che il legislatore non ha voluto vietare la fecondazione artificiale; e che, ammettendo la fecondazione omologa con l'impianto di più embrioni, lo Stato italiano dichiarava lecito destinare a morte sicura numerosi embrioni, se ciò si rende necessario per soddisfare il desiderio di maternità della coppia. Ragionamento purtroppo ineccepibile, in base al quale la Corte ha ritenuto di eliminare il divieto di produzione di più di tre embrioni.
Ora, se il sacrificio di vite umane è legittimo e subordinato al desiderio di maternità, a maggior ragione il divieto di ricorrere ai gameti esterni alla coppia appare appeso a un filo. Prima o poi, si troverà un giudice – a Roma o a Bruxelles – disposto a cancellare l'ultimo baluardo della "via italiana al figlio in provetta".
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