Ad un anno dalla morte di mons. Gervasio Gestori.



Ad un anno dalla sua morte ricordiamo mons. Gervasio Gestori, pregando per lui e chiedendogli di intercedere per i Tipi Loschi che ha tanto spinto ad andare avanti.

"Andate avanti così" era il suo incoraggiamento più frequente e più fervido.

Riproponiamo l'articolo che è uscito su Vivere! nelle settimane successive alla sua morte.

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Confesso francamente che non mi aspettavo la notizia della morte di mons. Gestori, e la cosa mi ha molto addolorato. Si va ad aggiungere a quelle di mons. Chiaretti e di mons. Negri, che ci hanno salutato poco più di un anno fa in un lasso di tempo molto breve.


Metto allora insieme qualcuno dei ricordi che tornano alla mente ed al cuore, di questi anni di vicinanza, collaborazione e vita apostolica.


All’arrivo di monsignor Gestori, nel settembre 1996, fui incaricato da mons. Urbano Simonetti, l’amministratore diocesano dopo l’episcopato di mons. Chiaretti durante la sede vacante, di curare il servizio d’ordine per l’ingresso del neo ordinato vescovo. Fui contento di occuparmene assieme ai tipi loschi e agli altri collaboratori della diocesi, ed ero desideroso di incontrarlo. Quel 22 settembre, giorno della solenne presa di possesso della sede diocesana, fu la prima occasione che avemmo di incontrarci, una giornata molto festosa e altrettanto caotica.


Tempo dopo l’insediamento andai assieme a mia moglie a presentargli la realtà della Compagnia: gli raccontammo di noi tipi loschi e indugiammo sulla nascita della compagnia; parlando della recita del Santo Rosario che tenemmo sin da subito come un tratto distintivo della nostra spiritualità, ci sentimmo dire queste parole: non solo lo dico tutti i giorni, ma mi sentirei in difetto se non riuscissi a dirlo. Questo ci confortò molto e ci diede gioia e speranza; riconoscemmo una preoccupazione sincera per quanto di solido e fecondo la tradizione della Chiesa aveva generato tra i cristiani. Inoltre ci diede subito l’idea della sintonia che in effetti si instaurò. La relazione tra mons. Gestori e la compagnia è sempre stata viva ed aperta, spesso segnata da altrettanto vivi scambi di idee su ciò che ci sembrava più opportuno per la Chiesa diocesana e per quella universale. È sempre un gran dono per i figli poter parlare della propria famiglia con chi la guida.


Un altro ricordo è la grande disponibilità di mons. Gervasio alla guida spirituale di chiunque bussasse la sua porta. C’era chi andava a chiedere aiuto e non ne tornava mai privo. So di chi andava a confessarsi da lui come si va dal proprio padre spirituale, accolto con gioia e misericordia. Per noi sambenedettesi, che instauriamo con facilità rapporti fondati su una grande semplicità di forme, fu una lieta sorpresa. La sua affabilità ed il calore umano furono una chiave per entrare in molti cuori. Aveva il tratto schietto e affettuoso del sacerdote ambrosiano. 


Quando avevo modo di incontrarlo in qualsiasi circostanza che non coinvolgesse direttamente la compagnia, mons. Gestori mi chiedeva sempre di ciascuno di noi, soprattutto delle varie famiglie e dei loro figli, informandosi attentamente sulle vicende scolastiche e lavorative e, domandando conto di chi sapeva nella prova o nella sofferenza, degli sviluppi di progetti o di eventi particolari, assicurava preghiere per ciascuno. La Scuola Chesterton era sempre al primo posto, per lui che era stato insegnante ed educatore. Riconoscevo in lui la stessa passione per l’educazione che ci spinse ad intraprendere l’avventura della scuola parentale.


Nessuno di noi dimentica poi che riconobbe canonicamente la nostra compagnia, anzi ci sollecitò a formulare una richiesta specifica dopo un bell’incontro col futuro cardinal Rylko, avvenuto durante i festeggiamenti in onore del beato Pier Giorgio Frassati nel giugno del 2002. Prima lo fece ad experimentum nel 2004 e successivamente, cinque anni dopo, in via definitiva. Intravvedeva nella nostra realtà di comunità di famiglie e di giovani ispirata al beato Pier Giorgio Frassati una buona speranza per chiunque avesse avuto l’occasione di incontrarci, per cui pensò giusto consolidarne la struttura e la presenza. Augēre, dicevano gli antichi romani, cioè far crescere. Sicuramente aveva stima del nostro desiderio di dare il nostro piccolo contributo allo sforzo apostolico della Chiesa in una forma propria, laicale, alla maniera delle antiche confraternite immischiate nelle cose del mondo senza sensi di colpa; probabilmente riconosceva una certa ingenuità e buona fede nell’operare pur nella nostra a volte rustica semplicità, e noi abbiamo sempre ricambiato la sua affettuosa paternità con la gratitudine dei figli.


Ho anche ricordi più personali, che vanno dai dialoghi sullo stato della Chiesa Cattolica alle speranze per il futuro della stessa; dalle proprie inclinazioni e sensibilità alla cultura e alla filosofia. Uno particolarmente simpatico riguarda il periodo tra l’annuncio della nomina e l’arrivo di mons. Gestori: mons. Luigi Negri, all’epoca non ancora vescovo, mi incrociò diverse volte in quei mesi e ogni volta mi ripeteva insistentemente e con quella carica che lo contraddistingueva: “avete un buon vescovo!”. Alla seconda volta confesso che iniziai a sorridere, alla terza lo anticipai… Anni dopo raccontai la cosa anche a mons. Gestori che ne fu lieto e sorrise.


Dall’accoglimento della rinuncia al governo della diocesi in poi le occasioni di incontro diminuirono naturalmente, ma non venne mai meno l'affetto per noi e la continua premura: come va la scuola, come sta Tizio, come vanno le cose tra i tipi loschi… Ci sentimmo anche nei momenti più dolorosi della mia famiglia, e ci diede molto conforto e speranza. L’ultimo incontro di persona fu in occasione del funerale di monsignor Chiaretti. Fu un vero piacere incontrarlo nuovamente perché era rivedere un caro amico. 


Negli ultimi tempi ci sentivamo anche attraverso WhatsApp: c’è un particolare simpatico che posso raccontare. Quest’estate la compagnia è andata al solito campo estivo in una località piemontese al confine con la Francia, Cesana Torinese. Un giorno siamo andati a fare una breve ma spettacolare escursione in quelle che si chiamano le Gorge di San Gervasio, delle gole tortuose tra cui scorre un impetuoso torrente. Naturalmente non abbiamo rinunciato ad inviare a monsignor Gervasio una bella foto di tutta la compagnia seduta durante una riflessione ed un canto dopo la camminata, dicendo che appunto lo avevamo ricordato. La risposta fu come sempre molto affettuosa e calorosa.


La notizia della morte ci ha colpito inaspettata e dolorosa. Il pensiero di avere un altro amico nella Vera Patria ci consola. Nelle nostre orecchie risuona sempre l’incitamento affettuoso che ci rivolgeva sempre: andate avanti così!


Marco Sermarini

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Mons. Gervasio Gestori nacque a Barlassina, in provincia di Monza e della Brianza, arcidiocesi di Milano, il 1° febbraio 1936. Ad undici anni entrò nel seminario arcivescovile di Seveso, dove frequentò le medie ed il ginnasio; si trasferì poi presso quello di Venegono Inferiore, dove seguì i corsi del liceo e la facoltà teologica. Il 28 giugno 1959 fu ordinato prete nella cattedrale di Milano dal cardinale arcivescovo Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI).


Dopo l’ordinazione fu insegnante di lettere presso le scuole medie del seminario di Masnago, quindi direttore spirituale del seminario di Seveso. Il 1º luglio 1967 conseguì la laurea in filosofia. Fu, dal 1968, insegnante di filosofia e storia presso il seminario di Venegono Inferiore; nel 1969 divenne preside del liceo-ginnasio del seminario di Milano. Dal 1978 fu rettore del seminario liceale. Nel 1984 il cardinale Carlo Maria Martini lo nominò parroco-prevosto della chiesa dei Santi Alessandro e Margherita a Melzo; in seguito diventò anche decano del decanato di Melzo. Nel settembre 1989 fu nominato sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana e, il 5 giugno 1990, presidente del comitato per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo.

Il 21 giugno 1996 papa Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto; succede a Giuseppe Chiaretti, precedentemente nominato arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve. Il 7 settembre successivo ricevette l’ordinazione episcopale, nella cattedrale di Milano, dal cardinale Carlo Maria Martini, co-consacranti l’arcivescovo Giuseppe Chiaretti e il vescovo Bernardo Citterio. Il 22 settembre seguente prese possesso della diocesi.

Nel 2008 promosse il sinodo diocesano, che concluse solennemente il 20 novembre 2011.

Fu membro del consiglio per gli affari economici e membro della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana, segretario della Conferenza episcopale delle Marche e delegato di quest’ultima per la cooperazione missionaria tra le Chiese e per la promozione del sostegno economico alla Chiesa.

Il 4 novembre 2013 (oltre due anni e mezzo dopo aver raggiunto il limite di età) papa Francesco accolse la sua rinuncia, presentata al compimento dei settantacinque anni, al governo pastorale della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto; gli succedette Carlo Bresciani. Rimase amministratore apostolico della diocesi fino all’ingresso del successore, avvenuto il 19 gennaio 2014. Da vescovo emerito si ritirò ad Acquaviva Picena.

Muore il 6 gennaio 2023, all’età di 86 anni, nella sua abitazione di Acquaviva Picena. Dopo le esequie, celebrate il 9 gennaio dal vescovo diocesano Carlo Bresciani, viene sepolto  nella cattedrale di Santa Maria della Marina.

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Testamento spirituale di mons. Gervasio Gestori

“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Mi presento davanti a Dio pieno di timore per le molte fragilità della mia vita, durante la quale mi sono state affidate gravose responsabilità ecclesiali, ma soprattutto sono fiducioso nella Sua infinita misericordia, perché ha donato anche per me il Figlio Suo come Salvatore.
Sono grato a Dio per il grande dono della vita e per i doni della fede, dell’Eucaristia, del sacerdozio e per la grazia del perdono.
Come esprimere riconoscenza ai miei amatissimi Genitori per l’educazione esigente, affettuosa e libera, che mi hanno continuamente offerto, innanzitutto con il loro esempio, semplice e coerente?
Spero ora di incontrarli in Cielo per dire il mio “grazie” di figlio.
Ringrazio la parrocchia di Barlassina, perché negli anni della mia formazione mi è stata autentica e meravigliosa Comunità cristiana, come ringrazio la Chiesa Ambrosiana con i suoi santi pastori ed il Seminario, che mi ha educato in maniera alta e rispettosa mediante la presenza di sacerdoti esemplari, autentici testimoni, ricchi di tanta sapienza ed amore per il popolo di Dio.
Sono riconoscente alle diverse Comunità, che in ubbidienza ho potuto servire e dalle quali sono stato accolto amabilmente: il caro Seminario di Milano, la mai dimenticata parrocchia di Melzo, la impegnativa Segreteria della Conferenza Episcopale Italiana.
Sono pieno di gratitudine alla Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, perché mia Sposa carissima, che mi ha educato ad essere un buon pastore. Ho cercato di servire questa nostra Chiesa con amore, ricevendo sempre tanto affetto, oltre i miei poveri meriti. Dal Cielo invocherò grazie per tutti e specialmente per i giovani, i malati, le famiglie. Voglio stare vicino a tutti i sacerdoti, miei primi e preziosi collaboratori, con un’attenzione particolare per quelli da me ordinati. Raccomando a tutti di ascoltare e venerare il mio amato Successore, il vescovo Carlo, che con generosa competenza ha accolto il dolce “peso” pastorale della Chiesa Truentina.
Ho potuto sperimentare profondamente l’amore e l’accompagnamento di Gesù, che conoscendo le mie fragilità non mi ha fatto passare attraverso prove troppo pesanti. Umilmente riconosco di non avere mai perso la gioia del cuore, come spero anche la serenità del volto.
Non ho cercato di fare la mia volontà, impegnandomi ad ubbidire ai miei Superiori anche quando coltivavo altri pensieri, perché desideravo compiere la Volontà di Dio e subordinare ad essa tante mie naturali inclinazioni. Per questo mi sono sentito sempre nella Sua pace.
Per quanto mi attesta la mia fragile coscienza, ho cercato di non volere male a nessuno e non ho voluto il male di alcuno. Se inconsapevolmente ho offeso qualcuno, accolga il bacio della pace di Gesù e si ritenga a me in tutto superiore. Chi si è sentito da me discriminato e non compreso, sappia che non l’ho fatto intenzionalmente. Chiedo con umiltà perdono, mentre per me ora sono sicuro di trovare in Dio un Padre buono e misericordioso.
Offro la mia vita a Dio, Che me l’ha donata e dal Quale spero di essere accolto nella Sua pace per l’eternità. Sono certo che “presso di Lui grande è la redenzione” (Sal 129).
Mi affido alla Vergine Maria, Madre di Gesù e nostra Mamma spirituale, perché in questi momenti mi venga incontro con il suo affetto. Chiedo un ricordo nella preghiera e di cuore nel Signore abbraccio tutti e tutti benedico.

Gervasio Gestori vescovo

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L’omelia di mons. Carlo Bresciani in occasione delle esequie di mons. Gervasio Gestori

Celebriamo in preghiera l’ultimo saluto a S.E. Mons. Gervasio Gestori, mio predecessore su questa cattedra di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto. Di fronte alla morte, e al dolore da essa provocato, alla Chiesa resta solo la parola della preghiera e del suffragio che, in fondo, è la parola più fondamentale della vita e della vita cristiana in particolare. La preghiera di suffragio, con la quale affidiamo a Dio coloro che sono morti, è l’unica che può essere ancora utile a coloro che ci hanno lasciato.
Lo facciamo credendo fermamente in quanto ci ha detto la prima lettura tratta dal libro della Sapienza: ‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Confidiamo e preghiamo perché sia così anche per il vescovo Gervasio. Lo affidiamo alle mani di Dio, perché crediamo quanto con il salmo responsoriale abbiamo pregato: ‘Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono’. Preghiamo, perché il Signore, nella sua misericordia, lo accolga con amore, come un figlio che torna a casa dopo un lungo e faticoso lavoro nella sua vigna accettato liberamente in risposta ad una chiamata che ha dato senso ad una intera vita. Lui solo conosce fino in fondo di cosa è stata plasmata la sua vita, ciò che l’ha abitata nel suo intimo, l’amore che ha ispirato il suo agire.
La nostra vuole essere la preghiera di tutta la Chiesa diocesana, quella Chiesa che lui in vita ha amato e servito con il governo pastorale per molti anni e nella quale ha voluto restare anche dopo aver terminato il suo ministero episcopale.
Con la nostra preghiera in questa celebrazione funebre, vogliamo esprimere il nostro grazie a Dio per i numerosi e preziosi doni che, attraverso il ministero episcopale di mons. Gestori, ha elargito alla nostra Diocesi negli anni del suo governo pastorale. La nostra preghiera di suffragio vuole essere anche una espressione di gratitudine nei suoi confronti per la testimonianza di operoso amore a Dio, al Vangelo e alla Chiesa che ci ha dato e che ci lascia come prezioso patrimonio. Molte, infatti, sono le iniziative pastorali da lui realizzate con grande impegno e dedizione a beneficio della Chiesa Truentina nei 16 anni in cui l’ha retta come vescovo. Per tutto quello che ci ha donato non possiamo che dire grazie a lui e a nostro Signore, fonte e origine di ogni dono.
La Parola di Dio che è ora stata proclamata orienta in questi momenti i nostri pensieri e la nostra preghiera a ravvivare la speranza nel Signore, anche di fronte alla morte. San Paolo ci ha detto che ‘la speranza [in Dio] non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato’ (Rom 5, 5). La Parola di Dio, come sempre, ci orienta e ci sostiene, soprattutto nei momenti di dolore e di oscurità come sono i momenti in cui dobbiamo fare i conti con l’oscurità della morte. Ci invita a lasciarci permeare da quella speranza che non delude e che di fronte alla morte trova fondamento solo nella resurrezione di Cristo; nella morte e resurrezione di Colui che per amore è morto per noi. È la speranza nella quale il vescovo Gervasio ha vissuto e donato la sua vita consacrandola a servizio della Chiesa nel presbiterato, prima, e nell’episcopato, poi.
La fiamma della lampada della fede e della speranza egli l’ha tenuta accesa fino alla fine: Dio l’ha trovato vigilante con la lampada accesa, come ho potuto constatare più volte negli incontri avuti con lui nell’imminenza della sua morte. Le sue ultime parole sono state parole di fede e di incoraggiamento per tutti, come molti sacerdoti, che l’hanno visitato nei suoi ultimi giorni, hanno potuto ascoltare dalla sua viva voce. Parole di fede e di speranza che conserviamo come il suo ultimo grande dono a noi e alla Diocesi che ha servito e amato. Noi le accogliamo così, come un dono, e gli siamo grati per questo suo esempio, per la sua testimonianza di fede anche di fronte alla morte, testimonianza che conserviamo come prezioso ricordo.
Egli ha voluto ricevere gli ultimi sacramenti -unzione degli infermi ed eucaristia- con coscienza vigile nel raccoglimento della fede: lui stesso, ormai ammalato, consapevole della gravità della malattia e dell’avvicinarsi della morte, mi aveva chiesto esplicitamente di poterli ricevere da me mentre era ancora pienamente cosciente. Voleva riceverli e viverli con consapevole atto di fede e di abbandono nelle mani del Signore. Così è stato: li ha ricevuti pregando. Ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita su questa terra nella preghiera, con sereno abbandono in Dio, spesso ricordando la Diocesi e pregando per lei e per i sacerdoti in particolare. È andato con serena fiducia all’incontro finale con Dio.
In un biglietto firmato e scritto di suo pugno il 6 novembre 2022, quando era ormai consapevole della gravità della malattia senza possibilità di rimedio, ha scritto. ‘Ecce venio ad te, dulcissime Domine. Quem amavi, quem quaesivi, quem semper optavi, dulcissime Domine!’ (Ecco vengo a te, dolcissimo Signore. Ti ho amato, ti ho cercato, ti ho sempre desiderato, dolcissimo Signore!).
In questo momento in cui la morte, il mistero e il dolore che la avvolgono, ci colpiscono in modo particolare, rinnoviamo anche noi la fede e la speranza nella resurrezione finale che Gesù ci ha promesso. In questa fede e in questa speranza il vescovo Gervasio ha vissuto e confidato per tutta la sua vita. Possa ora vedere compiuta questa speranza. Possa egli godere della luce del volto di Cristo, di quel Cristo che ha amato e desiderato per tutta la vita servendo il suo corpo che è la Chiesa. Possa ora trovare in Lui la meritata ed eterna pace del Paradiso. La Madonna, che egli ha amato intensamente, lo accompagni a questo incontro. Riposi nella pace di Cristo.

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