Viaggio in Sierra Leone - Diario di bordo - 3.

15/09/2023.

Questo viaggio sta entrando nel vivo già dalla colazione, John ci anticipa la giornata e ci racconta che andremo a Kono, il distretto dove lavora abitualmente il SLCC (Sierra Leone Chesterton Center, ndr) che si trova nella parte centro orientale del paese, ma la cosa interessante è la storia che ci porta lì, perché qualche settimana fa John, dopo due anni di tentativi è riuscito a conoscere un italiano che ha un grosso allevamento di polli, ma compra il mais dalla Guinea o dall'Europa e spende anche fino a 40.000 dollari l'anno per questo. John ha visto un'opportunita in quest'uomo, è partito ed è andato a conoscerlo. Questo perché nelle sue cooperative il nostro eroe ha condotto una lotta con le comunità per farle iniziare a coltivare mais: prima era solo riso perché loro mangiano solo riso, e ha spiegato a chi obiettava che il mais può essere coltivato per essere venduto al mercato per avere dei soldi che possono servire per una vita migliore e per mandare i figli a scuola. In breve tempo purtroppo il mercato è diventato saturo e il mais si è svalutato facendo scendere la produzione. John che immaginava già chi avrebbe incontrato con il suo viaggio, ha preparato uno studio sulle quantità di mais che le sue cooperative avrebbero potuto produrre in un'anno, all'incirca 80 tonnellate. Immaginate adesso un grosso imprenditore italiano con la sua attività in Sierra Leone che incontra un uomo del posto che gli vuole parlare di una collaborazione lavorativa. John si è accorto che l'italiano era un po' scettico e che da buon capitalista ha iniziato a fargli dei conti in tasca per poter risparmiare, dicendo a John che non sarebbe stato possibile tutto quel raccolto, ha forse percepito - sbagliando - che John potesse essere un imprenditore che vuole fare soldi con il mais, ma il nostro eroe ha spiegato con calma che il suo business non sono né i soldi né il mais ma aiutare le famiglie ad avere una vita comunitaria, ad avere un lavoro e ad avere il necessario per permettere ai figli di crescere e sostenersi sulle proprie gambe. La carta vincente però non era ancora stata scoperta...

Prima di partire per Kono passiamo sempre a scuola e andiamo finalmente a piedi a vedere un'altro "garage" - come li chiama lui - dove conosciamo Philip il fabbro, 29 anni: non aveva nulla e anche grazie ai nostri attrezzi (quelli che mandammo in un container nel 2016, vedi qui sul blog e sul blog della Società Chestertoniana Italiana, http://uomovivo.blogspot.com) ora ha un lavoro stabile e dodici ragazzi dipendenti; si trova proprio davanti la scuola, anche lui è senza corrente, infatti utilizza una saldatrice a motore diesel. Lui e altri due vivono nella baracca dove lavorano, niente acqua, niente sedie né tavoli, niente di niente se non il proprio lavoro ma lui è fiero. Era un ragazzo uscito dalla scuola, che ha iniziato a lavorare presso un fabbro e poi ha intrapreso la sua attività, la proposta che di solito fa John è: se mi prendi qualche ragazzo e gli insegni il mestiere, io ti dono gli attrezzi. Molte delle cose mandate da noi con il primo container erano lì. Abbiamo raccontato a a Philip la nostra storia e quello che facciamo ed è  stato contento di conoscerci.

Il nostro rispettatissimo director.

Mentre scrivo siamo arrivati a Makeni (diocesi fondata negli anni '60 i cui primi due vescovi sono stati due italiani, padri saveriani, ndr), qui è stato vescovo monsignor Giorgio Biguzzi (fu ospite della nostra festa del beato Pier Giorgio Frassati nel 2004, subito dopo la fine della guerra civile in Sierra Leone, ndr). Molte missioni e una mega scuola fatta dagli italiani molto bella, John dice che è la migliore scuola del Nord. Su una delle miriadi di TVS (moto di fabbricazione indiana), passa il nostro uomo bianco che ci dice di seguirlo nella sua azienda. L'italiano è un bravo ragazzo che si trova a Makeni da quattro anni e ha tirato su un'azienda per produrre e vendere uova; ha iniziato questo lavoro e lo sta portando avanti anche molto bene, ma la nostra impressione è che sia molto immerso nel capitalismo. Ci fa fare il giro dell'azienda e poi andiamo, John ha molto altro da farci vedere prima del momento serale al SLCC dove sarà con noi anche il giovane imprenditore italiano.

L'eroico pick up del SLCC

Lungo la strada principale ci fermiamo in un villaggio già nel distretto di Kono dove abbiamo visto il mercato costruito dai capi delle tribù che hanno aderito al progetto di fondare una cooperativa. Il funzionamento del progetto è questo: per ogni nuovo gruppo che viene coinvolto, si va dal capo tribù e lì il SLCC spiega chi sono e cosa fanno, poi chiedono cosa pensano loro dei bisogni del villaggio; il SLCC aiuta solo chi vuole creare una comunità e quindi unirsi in cooperative. Se la proposta piace, convincono i capi a dare la terra alle donne (esattamente tre acri, vi ricorda qualcosa..?) perché sono la categoria più a rischio. Si incontrano, viene costituita la cooperativa con tutte le regole, il numero di lavoratori (di solito trentacinque), gli orari lavorativi e tutto il resto, si apre anche un conto in banca per i ricavi. Quando è tutto costituito arrivano i nostri a portare aiuto con le attrezzature per lavorare la terra oppure con i macchinari per costruire una strada di accesso al villaggio e tutti volontariamente danno una mano perché capiscono che questo è per loro. Il SLCC non possiede denaro per sé ma, quando ha individuato il bisogno primario, inizia a cercare i fondi. Dove siamo stati noi si è arrivati a costruire il mercato, che funziona tutti i martedì, è dotato di mulino per il riso e vi vengono portati tutti i frutti del lavoro dei campi per essere venduti. Molto spesso è baratto, ma c'è anche chi viene da fuori per acquistare, oppure chi, pur non facendo parte della cooperativa, intravede un'opportunità per vendere del proprio, come vestiti o pesce. Hanno costruito fin ora dodici mercati nelle tribù che sono diventate cooperative. Sul timpano del tetto del mercato c'è sempre la foto di Chesterton e il nome delle tribù che governano il posto. Quando intraprendono la costruzione del mercato chiedono aiuto a tutto il villaggio e ognuno mette del suo.

Il mercato delle tribù a Kono,
nato grazie anche al nostro contributo.

In visita a Makeni con il nostro Kevin

Il bello viene ora: quando si costituisce una cooperativa, il SLCC monitora spesso il suo operato, ma appena si accorge che nel tempo sono diventati autonomi, lasciano tutto nelle loro mani e passano al prossimo villaggio da aiutare. John non intraprende mai un lavoro del genere se non è in grado di sostenerlo fino al momento della loro autonomia. Le giornate qui sembrano lunghe il doppio che da noi ma sono contento di questo programma che John ha fatto per noi perché è calibrato esattamente per rispondere alle molte domande che gli facciamo quando siamo in macchina e a cui lui non dà sempre risposta perché ci dice: vedrete con i vostri occhi.

Il nostro Ciccio nella giungla di Kono

I caratteri hanno riempito di nuovo la pagina e devo rimediare spostando il testo in un nuovo documento. Ormai sono le 19.30 e siamo davanti alla sede del SLCC dove il "colpo di stato" del nostro stratega è pronto: ci siamo noi, con la nostra storia, due capi delle cooperative donne, due capi tribù molto anziani, credo della prima ora, il loro agronomo, il giovane imprenditore italiano e il suo autista (identico a Mike Tyson con un vestito tradizionale a dir poco magnifico) che dormiranno con noi in hotel, tutto spesato da John ovviamente. Ho tralasciato che oggi dopo l'incontro con l'imprenditore italiano, verso le 14.00, John ha voluto sapere le nostre impressioni sulla persona incontrata, ovviamente davanti a cosa? Due birre 😂, ma stavolta ne abbiamo bevuta una, niente pranzo, non c'è spazio, è più importante lavorare per quest'opera, dice che ci rifaremo a cena. John dice che il giovane imprenditore italiano è bravo ma non ha futuro in Sierra Leone perché ha molti pregiudizi e affronta le cose alla maniera degli europei. Siamo d'accordo tanto che mi viene da consigliare di aprire il proprio allevamento di galline, ma il punto non è questo. A Makeni la corrente c'è, a Freetown no, ma non è nemmeno questo quello che sta a cuore a John, che vede l'incontro con questa realtà delle cooperative un possibilità per questa persona di convertirsi a Chesterton e di capire che nella vita si può ragionare anche in modo diverso da come ragionano tutti. Quindi appena seduti è il momento delle presentazioni e poi prima di prendere cibo ci racconta di nuovo il lavoro che fa con le cooperative, nei minimi dettagli tirando fuori anche i documenti per dimostrare quanto dice. È un uomo straordinario che, nonostante le premesse del caso, sta dando speranza anche a questo ragazzo di cambiare vita. Tutto questo è di grande insegnamento per noi e per il nostro lavoro; venire qui per fare questa esperienza è stata un'ottima modalità per rinfrescarci le idee su cosa vale la pena spendere la propria vita, sul dare sempre una speranza anche a chi non daresti un soldo, per capire che i pregiudizi distruggono tutto e che per lavorare bene insieme è fondamentale appartenere ad una comunità che si aiuta veramente.

Ecco il granturco dei nostri amici africani.

L'incontro a Kono al SLCC.


Sacchi di granturco con lo
stemma del SLCC
e l'amato faccione del nostro
caro Chesterton...

Nei giorni passati abbiamo sentito da John che un bravo insegnante non è tale se si separa dal dogma della propria fede e che questa cosa è la base di partenza per tutto. Le due cose non possono essere scisse, sono indivisibili ecco perché anche se questo giovane imprenditore italiano rimanesse qui, anche con le sue ottime capacità, non riuscirebbe ad andare avanti. 

Volete sapere come é finita la serata? Ve lo dico domani 😂😂😂😂

Scherzo, alla fine il ragazzo si è appassionato alla storia, ha ascoltato i capi tribù dire che se John ama Chesterton e questo lo fa essere così di aiuto per centinaia e centinaia di persone, beh, anche loro non possono che ringraziare questa persona e aderire alla nuova vita dopo i diamanti. Inoltre in un angolo della sala c'erano sacchi di mais accatastati, anche in malo modo, come per non dargli troppa importanza, molti dei quali aperti, vecchia volpe... Il giovane imprenditore italiano e il suo autista "Tyson" hanno più volte varcato la sala per andare a vedere il prodotto, la prima volta come cani da tartufi, quasi senza salutare nessuno e si sono convinti per un incontro a Freetown con uno dei loro principali per parlare di condizioni. Noi facevamo il tifo in silenzio mentre si svolgeva la loro conversazione e siamo usciti molto contenti per aver intuito il prosieguo della storia. Poi in macchina abbiamo chiesto a John come è andata, e lui ha semplicemente detto: "bene, il lavoro prosegue". Mi sarei aspettato un grido di esultanza per la buona riuscita del piano, ma credo che veramente sia un uomo molto umile che ha uno sguardo aperto e molto lungimirante, come dire: abbiamo vinto una piccola battaglia, abbiamo fatto il nostro lavoro, ma la strada è ancora molto lunga e piena di molte altre persone da aiutare. 

John é l'eroe nazionale della Sierra Leone.

La "bottonata", come si direbbe a San Benedetto, o pillola di Chesterton, è stata quando il giovane italiano ha detto: "ma come fate a conservare il mais così bene?", e John gli ha risposto: "Chesterton diceva di non tenere le teste troppo aperte perché il pericolo è che cada giù il cervello"...

Buona notte -- ora locale 01.35.

Ciccio

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