Viaggio in Sierra Leone - Diario di bordo - 2.

14/09/2023

Ieri si parlava di svegliarsi con calma verso le 08.30 ma io alle 06.00 ero in piedi senza l'utilizzo della sveglia, come si può dormire qui? C'è un ragazzo che si chiama John, anche lui, che John Kanu e la moglie stanno aiutando: lui apre il cancello, pulisce il piazzale, aiuta con i servizi di casa, credo mi abbia preso in simpatia, mi saluta ogni trenta secondi... 

La moglie di John e i figli, quando sono uscito dalla camera, erano già a preparare la colazione per noi, una colazione più ricca di quella dell'hotel di Bruxelles. È proprio bello stare a casa loro e vedere come sono felici di averci, mostrandoci riconoscenza nelle cose che preparano con molta cura. John durante la colazione firma una marea di cartoline verdi e, presi dalla curiosità, chiediamo cosa sono: ci dice che sono i permessi che i genitori o chi per loro devono avere quando riprendono i bambini dopo la scuola, "mica lasciamo i bimbi al primo che passa", ci dice. 

Dopo la colazione saliamo al piano di sopra, in terrazza, e John vuole raccontarci bene chi è e come è arrivato ad essere l'uomo che è diventato oggi. La storia inizia da quando era piccolo e dice: "Vivevo nel villaggio, non avevamo nulla, ma la nostra forza era ed è la comunità, avevamo delle cose che non hanno prezzo che non si possono comprare, la terra e le capacità di saper tirare fuori da essa il cibo. In breve tempo purtroppo, prima che ce ne accorgessimo, siamo diventati colonia di cinesi, libanesi, indiani che venivano e tutt'ora è così, solo per lo sfruttamento minerario dei diamanti e dell'oro, ed è triste perché le miniere hanno distrutto una parte enorme dei terreni utili per l'agricoltura. Successivamente le persone hanno iniziato a dipendere (cioè ad essere schiavi) da queste attività: oggi circa 400.000 persone sono succubi di questo e la società non funziona più, c'è un disinteresse per il vicino e di ciò che può offrire come aiuto. Nel corso degli anni c'è stata una totale sfiducia nelle istituzioni da cui il popolo voleva dipendere, pertanto nel 1991 si è arrivati alla guerra civile che è durata per ben 11 anni. Da questi anni cosa abbiamo imparato? Purtroppo non molto, la corruzione è molto alta, ci sono state le elezioni due mesi fa ma il potere ha falsato i risultati e ora siamo in una situazione veramente fragile; attualmente si rischia una seconda guerra civile. Nel 1991 ero appena laureato e vedevo il tessuto sociale così disfatto ma allo stesso tempo ero molto confuso, potevo tranquillamente aggregarmi ai ribelli - che però stavano distruggendo il paese - o unirmi allo stato e diventare molto ricco, ma ho pensato che non era giusto vivere così. All'epoca lavoravo nei servizi sociali con l'associazione inglese di padre Canonville (il nome non so se giusto, ndr) e una di queste suore mi ha raccontato di un'università cattolica a Oxford. Ho provato per tre anni a prendere una borsa di studio per entrare a Oxford, solo al quarto anno sono riuscito. Mi ero appena risposato e iniziato una famiglia (la prima moglie di John morì giovane lasciandogli un figlio, Charles, ndr), avevo Charles che ora lavora per i salesiani di don Bosco (età credo 35 anni ad oggi, ndr), e il secondo figlio aveva 8 mesi, a causa della guerra civile ci siamo spostati dentro la giungla per molti mesi (non in un villaggio), avevo la mia famiglia e basta, nessun'altra cosa; la nostra vita dipendeva dalle associazioni umanitarie che ci davano il cibo. Quando non avevo più nulla, la Provvidenza si è fatta sentire, sono andato a trovare mio zio a Freetown e mi ha detto che era arrivato il fax per la borsa di studio per Oxford. Dovevo occuparmi solo delle spese del viaggio ma in quel periodo non avevo veramente nulla, il biglietto costava circa 350 sterline ma non mi sono scoraggiato e mi sono detto lo farò. Il secondo problema era dove lasciare la mia giovane famiglia: ho iniziato a visitare degli amici nella comunità, anche se a Kabonka non c'era più nessuno (erano tutti fuggiti). Mio zio mi ha detto che mi avrebbe dato dei soldi e pensavo di costruire una casa, ho raccolto del ferro che poi ho venduto, ho lavorato per sei mesi per un organizzazione di rifugiati dove ho chiesto aiuto anche al mio capo per questo progetto, e lui mi disse che mi avrebbe aiutato. Mi hanno dato due mesi di salario in anticipo e una mia collega mi ha dato 100 dollari e promesso di portarmi in Guinea per il viaggio. In quei giorni c'era l'embargo e non si poteva uscire in nessun modo dal paese, e io sono dovuto andare in Gambia per il visto. Sono arrivato in Gambia a settembre, dovevo rispondere al fax entro il 4 ottobre, mi hanno dato il visto ma non era la fine dei problemi perché avevo solo 200 dollari  dopo aver aver speso molto per il viaggio in Gambia . Ho chiamato anche il sacerdote inglese mio amico in Inghilterra, per cui avevo lavorato 10 anni anni prima in Sierra Leone, e ha garantito per me in Inghilterra dicendo che era un buon investimento per il paese inglese avermi lì a studiare e l'università ha comprato il biglietto per me. Sono arrivato a Londra il 1 ottobre 1999. Tra i lettori del college ho conosciuto Caldecott che mi ha consigliato di leggere Chesterton. Sono stato spesso a casa di Stratford. Posso dire che se non avessi conosciuto quest'uomo sarei rimasto a Londra. Tornato in Sierra Leone vi racconto cosa faccio per vivere in questa bellissima casa: sono un libero professionista che collabora con diverse istituzioni fornendo consulenze di sociologia, studi di settore per i progetti che vengono fatti nel Paese". John è molto conosciuto per questo tipo di studi. "La Banca Mondiale presta dei soldi allo Stato della Sierra Leone e mi raccomanda come persona non legata allo Stato per non avere corruzione. Guadagno bene, avrei potuto mandare tutti i miei figli in America a studiare ma ho preferito costruire una bella casa per la mia famiglia e con il resto dei miei soldi ho fatto la scuola, noi compriamo le cose che ci servono con i soldi ma vediamo la povertà intorno a noi e cerchiamo di aiutare tutti quelli che possiamo. Le cooperative lavorano nell'agricoltura e negli anni grazie al mio lavoro e al Sierra Leone Chesterton Center abbiamo finanziato molte attività per aiutare il popolo, costruito dei magazzini per contenere il mais e altre colture e stiamo costruendo degli uffici per le cooperative e molto altro".

Sono sempre più convinto che questo viaggio ma soprattutto lo stare a casa di questo uomo dal cuore grande ci voleva proprio per capire come nella vita dovremmo sfruttare i nostri talenti, metterli al servizio degli altri e soprattutto rimanere umili come lui. Dopo questo racconto ho perso la concezione del tempo ma ci siamo alzati e diretti alla scuola. Ho fatto fatica a trattenere le lacrime perché aperto il cancello, tantissimi bambini della primaria ci attendevano nel cortile, con i cartelli di benvenuto in mano, abbiamo abbracciato ogni persona e conosciuto tutte le classi una per una, e John ha ripetuto ad ognuno chi eravamo e perché siamo venuti; la scuola è enorme, iniziata con 14 ragazzini, il secondo anno erano circa 200, il terzo più di 500. Loro accolgono tutti ma danno un'impronta cattolica a tutto, e John è molto preciso in questo: ad esempio una volta l'anno chiama una commissione esterna per valutare i professori e mantenere così uno standard molto alto. La scuola si paga circa 120 dollari l'anno, compresi i libri e tutti i servizi come lo scuolabus. Nonostante l'estrema povertà le famiglie scelgono di mandare i figli alla Chesterton Academy. La scuola ha un indirizzo scientifico tecnologico quindi c'è l'aula computer, quella di scienze, e un'aula magna che stanno ultimando ora che è dedicata a Stratford Caldecott dove i loro ragazzi faranno anche gli esami. Abbiamo rivisto i banchi che abbiamo mandato, il generatore (il rinoceronte) e gli attrezzi degli anni scorsi che sono serviti per costruire molte cose nella scuola. Gli alunni che finiscono la scuola tornano più volte a settimana per aiutare a costruire banchi in legno o ferro facendo dei laboratori. 

Il tempo sembra non passare mai e le cose da assimilare non entrano più dagli occhi, da un lato un paese in ginocchio e che vorresti aiutare ma non sai da dove iniziare, dall'altra un uomo che con l'aiuto degli amici, della comunità e della sua famiglia sta cambiando il tessuto sociale. Ad oggi John vuole lasciare parte del suo lavoro per dedicarsi quasi interamente ai suoi successori che dovranno portare avanti tutto questo con il suo stesso carisma, e i figli sono ben contenti di proseguire sulle sue orme già da ora, visto che sono una determinate presenza nella scuola. Conosciamo appena fuori dalla scuola una ragazzo di cui John ha molta stima: fa il meccanico in un fazzoletto di terra di lato alla strada principale, vuole aiutarlo a trovare un terreno più grande perché Tamba (il suo nome) accoglie in giro per la Sierra Leone circa 100 ragazzi introno ai 16/17 anni che non frequentano la scuola e insegna loro il mestiere; alla fine si fanno pagare il lavoro in base alla gravità del problema e divide i ricavi, una parte per "l'azienda" e il rimanente diviso tra chi ha fatto il lavoro sull'auto. Dunque la MISSIONE SUCCESSIVA PER NOI ITALIANI SARÀ TROVARE UN PONTE SOLLEVATORE PER TAMBA, datevi da fare da subito. La cosa che colpisce è che abbiamo parlato con Tamba per una quindicina di minuti e i ragazzi che erano intorno alla macchina si sono fermati e si sono messi ad ascoltare, nessuno escluso senza distrarsi nemmeno un secondo. Partiamo successivamente alla volta della Spiaggia del Re, andiamo a vedere l'oceano, anche se il nome che dovrebbe suscitare sicurezza in realtà è un po' macabro: era la spiaggia dove il re dava il permesso di prendere gli schiavi. Ci accompagnano per una buona mezz'ora palme da dattero, alberi enormi di ficus, mango e altre piante di cui non conosco il nome. Terra rossa e la cruda realtà del luogo. Arriviamo in un villaggio dove la strada finisce e si va su un sentiero quasi fino all'arenile. Ci spiegano la storia di una chiesa protestante (ancora sul posto ma abbandonata) dove sotto il pavimento rialzato di appena un metro e mezzo tenevano gli schiavi che catturavano e portavano in Inghilterra, li tenevano lì in quel posto senza finestre dove non si riusciva a stare nemmeno in piedi per mesi, poi quando arrivavano le navi inglesi e attraccavano a Banana Island, un isola poco distante dalla spiaggia, venivano deportati. Il villaggio difatti ora è abitato dai figli o dai discendenti degli schiavi liberati all'epoca e rimandati a casa. Anche qui ci accolgono dieci, quindici ragazzi che ci accompagnano per tutta la visita. Arriviamo fino sulla battigia fatta di sabbia di colore giallissimo delimitata dalla fitta vegetazione tipica della giungla e scogli di pietra nera, un villaggio di pescatori con la tipica barca che ricorda una pagoda, con la prua appuntita. Nella passeggiata di ritorno passiamo davanti a due baracche un po' meglio delle altre e Michael ci dice che è la scuola fatta da Save the Children (una bella scritta sul muro la distingue dalle altre baracche), niente rispetto alla Chesterton Academy. Dentro al massimo c'erano dieci bimbi. Il divario con l'opera di John che fa di tutto per cambiare il suo paese con le proprie economie, coinvolgendo tutti gli amici e ogni persona che può aiutare, è abissale.

Una delle classi della
Chesterton Academy di Freetown

John vuole ancora sentire di noi e prendiamo impavidi ancora delle birre, minimo due a testa sennò non si apre il discorso. John è apprezzato e rispettato da tutti, lo si vede bene andando in macchina con lui. Una cosa simpatica è che i suoi collaboratori lo chiamano "the director", nessuno lo chiama per nome. 

Dietro un grande uomo però c'è sempre una grande donna e la moglie di John lo è davvero: si occupa della qualità di riuscita di tutti i suoi progetti, spesso dietro ad un ragazzo problematico c'è lei che contatta la famiglia e cerca di capire come aiutare. 

Arriviamo a pranzo verso le 15.30 ora locale. Un pranzo fantastico, spaghetti al ragù che probabilmente Millicent (moglie di John) aveva preparato prima perché noi ci siamo presentati molto tardi (e non erano nemmeno scotti), uno spezzatino di carne con salsa locale per secondo, cosce di pollo e verdure cotte. Per nostra fortuna nel pomeriggio è prevista solo una piccola intervista a John e poi riposo. Sono solo due giorni che siamo qui ma la percezione è quella di esserci da almeno una settimana. 

I nostri umili banchetti di scuola
che non sono niente
rispetto a quello che fanno John e i suoi eroi

Le persone che abbiamo incontrato la mattina a scuola vogliono essere con noi e alle 19.00 ecco pronta una succulenta cena a base di riso, capra cotta al forno (superlativa), patine fritte e ovviamente due birre a testa, fortuna che rispetto alla nostra risulta molto, molto leggera, il problema sono le sudarelle dovute all'umidità dell'85% e a quei 5 gradi percentuali in più delle birre. 

A cena ci sono tre professori (due dei

I bellissimi alunni della scuola elementare
della Chesterton Academy di Freetown
che accolgono con affetto e bellissimi
cartelloni i nostri amici.

quali rispettivamente Lorenzo Castagna e Marco Fratta), la dirigente, la ragioniera e tutta la famiglia del direttore, rispettivamente Michael, Clare, Cher e la mamma. John ha voluto che ci presentassimo uno per uno e dicessimo il nostro ruolo lavorativo come in una confraternita delle nostre. Quest'uomo non finisce mai di stupirti. I professori sono entusiasti del loro lavoro, hanno una gran voglia di fare parte della loro opera, ci credono e si spendono molto per essa, ci devastano di domande (un grazie a Kevin per l'aiuto con l'inglese). Ci parlano dei primi esami di stato che hanno fatto e la scuola è stata premiata per essere arrivata tra le prime quindici con alunni dove la costante del voto era 10; allora la direttrice dice che il prossimo anno vogliono arrivare nella top ten e quindi schiereranno gli alunni migliori, ma il direttore incalza subito così: "nessuno degli altri deve rimanere indietro, porteremo tutti allo stesso livello, questo è il tuo lavoro, buona fortuna" e dopo questo affermazione concluderei con un "buona notte". 

Ore 00.30 ora locale.

Ciccio

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