Dal blog di Andrea Tornielli. Tracce di storicità della nostra fede.

Ecco cosa ci dice Andrea Tornielli sulla mostra Con gli occhi degli Apostoli al Meeting di Rimini:

Cari amici, sono stato per due giorni al Meeting di Rimini e dopo un paio di tentativi a vuoto, venerdì mattina sul presto sono riuscito a visitare la mostra"Con gli occhi degli apostoli", una delle più visitate – anzi credo la più visitata – del Meeting. Anche la presentazione della mostra, con la partecipazione del Custode di Terrasanta Pierbattista Pizzaballa e di don José Miguel Garcia è stato uno degli appuntamenti più seguiti della kermesse ciellina riminese.

La mostra propone al visitatore un percorso che lo fa "entrare" in Cafarnao, il villaggio sulle rive del mar di Galilea dove sono avvenuti diversi episodi evangelici e dove Gesù si era trasferito a vivere nella casa di Pietro e di Andrea. Ho avuto la fortuna di visitare più volte il sito archeologico di Cafarnao, e l'ho trovato, dopo la grotta di Nazaret, il luogo più bello e affascinante della Terrasanta, perché guardando a quelle pietre, a quelle strade, ai resti della sinagoga dove Gesù ha insegnato, e soprattutto guardando alla casa di Pietro, il tutto a pochi passi dalla riva, si ha la percezione non soltanto di come fossero ambientati alcuni episodi chiave dei vangeli, ma anche della semplicità dell'esperienza cristiana degli inizi: la convivenza quotidiana con Gesù di quel gruppo di primi discepoli.

La mostra mi ha aiutato a entrare ancor di più in questa dimensione, e sarebbe bello se fosse perennemente ricostruita ed esposta anche a Cafarnao, perché rappresenterebbe un aiuto eccezionale per i visitatori. In quel luogo gli studi archeologici hanno ottenuto risultati davvero rilevanti e incontrovertibili. Mi ha colpito questa lunga didascalia della mostra, che si leggeva in prossimità della ricostruzione della casa di Pietro, trasformata fin da tempi antichissimi, in luogo di culto, lasciando intatta e particolarmente venerata la stanza dove abitava Gesù. Si tratta della testimonianza di padre Virgilio Corbo (morto nel 1991), uno degli archeologi che ha portato alla luce il villaggio.

"E' vent'anni che studiamo questi reperti. Abbiamo scavato seguendo le indicazioni topografiche dei vangeli e abbiamo trovato il villaggio così come è descritto nel vangelo di Marco. Se questo è il villaggio, la casa di Pietro non può che essere la casa dove, insieme ai segni di una particolare venerazione dell'apostolo, sono tornati alla luce gli unici pavimenti intonacati in battuto di calce, un tipo di decorazione ritenuta in quei tempi più preziosa del mosaico. Tant'è vero che veniva utilizzata nei triclini della reggia erodiana di Macheronte e nel teatro di Cesarea Marittima. Ora, se questo tipo di intervento architettonico è stato realizzato solo in quelle due camere e in nessun'altra abitazione del villaggio, significa che quei due vani erano a disposizione di una persona degna di particolare considerazione. E per quale persona, se non per l'amico Gesù, come ci informano i vangeli, Pietro avrebbe approntato una simile dimora? Raramente l'archeologia precostantiniana ha raggiunto simili risultati. Quale altra prova pretende l'archeologia? Per ulteriori ragguagli credo proprio che dovrà attendere di interrogare Pietro".

Al di là delle prove (che sono un conforto, un aiuto alla fede, dato che attestano come i vangeli non siano affatto una costruzione posteriore, una tarda invenzione di un gruppo di uomini con manie mistiche, ma siano piuttosto fondati sul racconto di testimoni oculari), la bellezza della mostra sta in ciò che richiama e in ciò che provoca. Ha affermato don Luigi Giussani:

"Io non mi stancherò mai quando uso la parola fede di ricordare cosa vuol dire, perché non si sa cosa vuol dire, anche se la si definisce teologicamente. La fede è il riconoscimento stupefatto, grato, intimidito e nello stesso tempo esaltante, di una presenza; perché Dio è venuto ed è fra noi".

La mostra sullo sguardo degli apostoli, portandoti dentro la vita quotidiana di Cafarnao, è come se suggerisse la risposta a una domanda di Dostoevskij che campeggia alla fine del percorso: "Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, può credere, credere proprio, alla divinità del Figlio di Dio Gesù Cristo?". Sì, può credere, se ha la grazia di incontrare oggi una presenza affascinante e attrattiva. Com'è accaduto a quei pescatori di Cafarnao.

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