Katyn, un film da non perdere

LibEdNews, il settimanale di informazione via newsletter degli insegnanti legati a Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica), parla di Katyn, il bel film di Andrzej Wajda sull'eccidio di migliaia di ufficiali dell'Esercito Polacco posto in opera dai sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale allo scopo di privare la Polonia della futura classe dirigente.

Torniamo a proporvelo perché dobbiamo qualcosa alla Verità su questi fatti, e perché il rischio è che questo film bello venga boicottato da chi non ha piacere di dire che i comunisti facevano queste cose. E' politicamente scorretto.

Vedete come sono dure a morire le menzogne. E' giustissima l'attenzione che è stata rivolta negli ultimi tempi alla Shoa, alle cattiverie dei regimi fascisti e nazisti, ma è ora anche di parlare con chiarezza di tante cose sepolte nel politicamente corretto (ergo nella menzogna): le prime che vengono in mente sono l'eccidio degli Armeni da parte dei Turchi (oltre un milione e mezzo di morti), le foibe, gli omicidi dei partigiani cattolici durante la seconda guerra mondiale, il triangolo della morte dell'Emilia, Papa Pio XII e gli ebrei...

Parliamo di storia, ma ci sono tante pagine più recenti di cronaca che avrebbero bisogno della stessa cura.

Un altro "file" da aprire potrebbe essere anche questo: come è stata fatta l'Unità d'Italia. Nelle Marche c'è ancora chi ricorda le stragi ed i ventitrè villaggi fatti bruciare dai piemontesi (o dagli italiani?) nel 1861, un reggimento di 2500 uomini comandati dal generale Pinelli. Se scendiamo di qualche centinaio di chilometri potremo ritrovare le dolorose rimembranze di omicidi, violenze e stupri fatti dagli stessi personaggi. Si può dire o dobbiamo ancora una volta cedere alla menzogna?

Che cosa vuol dire tutto ciò? Se amiamo la Verità, dovremo prima o poi porre mano a queste cose senza preventive scomuniche.

Per tornare a Katyn, il consiglio che rivolgiamo soprattutto agli insegnanti è quello di farlo vedere ai ragazzi, chiedere di vederlo. Si aprono degli scenari nelle loro menti che diversamente sono impensabili.


Katyn è il luogo della foresta bielorussa nel quale, durante la primavera del 1940, circa 22.000 cittadini polacchi, tra ufficiali, soldati e gente comune, tutti prigionieri dei sovietici, furono uccisi con un colpo alla nuca dalla Nkvd (polizia politica di Stalin). L’Armata Rossa era penetrata in Polonia in ottemperanza alle clausole segrete del patto Ribbentro p-Molotov che prevedeva la spartizione del Paese tra comunisti e nazisti.

Ora un film omonimo, del regista polacco 83enne Andrzej Wajda, maestro della cinematografia mondiale, riporta alla luce la storia seguendo la vicenda di alcuni di questi ufficiali (tra cui il padre del regista) e delle loro famiglie che, inconsapevoli di quanto accaduto, aspettano invano il ritorno dei propri mariti, padri, figli, fratelli.

“Katyn” intreccia memoria privata e memoria collettiva. Katyn è un simbolo delle delle tragedie che hanno colpito il Novecento e, attraverso il sacrificio della Polonia, anche l’emblema di una possibilità di riscatto dalla violenza attraverso, appunto, il dono di sé, l’offerta della vita per un bene presente che qualcuno vuole sottrarre all’uomo, ma che qualcun altro afferma come scopo dell’esistenza.

Riportiamo qui di seguito una recensione del film (da Sentieri del Cinema, http://www.sentieridelcinema.it ) e lanciamo un appello: il film, attualmente in visione in non più di 5/6 sale cinematografiche in tutta Italia, sia richiesto dalla scuole e fatto vedere ai ragazzi della scuola secondaria come lezione di storia e di vita.

Settembre 1939: la Polonia subisce una doppia invasione (dai nazisti a ovest, dai sovietici ad est) e lo sterminio della sua classe dirigente. Se i nazisti deportano nei campi di concentramento i professori universitari, Stalin e i suoi prima affidano all’Armata Rossa il compito di sterminare militari e poliziotti (quasi tutti gli ufficiali dell’esercito, provenienti dalla società civile, ma anche oltre 200.000 soldati di leva), in modo da poter controllare i l Paese in futuro con facilità. Oltre 15.000 ufficiali, più qualche migliaio di soldati semplici, furono deportati e uccisi uno ad uno con un colpo alla nuca nel marzo 1941, attorno alla foresta di Katyn (nell’attuale Bielorussia). Un massacro realizzato freddamente che fu, per decenni, “scaricato” sull’altrettanto sanguinario esercito del Terzo Reich. La verità si scoprì solo nel 1989, dopo la caduta dell’Urss e l’apertura degli archivi segreti voluta dal presidente Eltsin.

Con Katyn il grande regista polacco Andrzej Wajda (autore di L’uomo di marmo, L’uomo di ferro, Danton), ha rinnovato in patria il dolore di un intero popolo narrando con stile secco e incalzante – e inserendo anche immagini di documenti d’epoca – una tragedia storica ch e ha segnato il suo Paese per decenni.

Wajda, che nella strage perse il padre ufficiale, rievoca non solo la dignità e il coraggio delle vittime, ma anche la tenacia nel cercare la verità e la speranza incrollabile delle donne che li aspettano a casa. Così vediamo madri, mogli, figlie attendere, invano, il ritorno degli amati; come Anna, moglie di Andrzej, capitano dell’8° reggimento dell’esercito, che con la figlia Nika aspetta con sempre minor speranza di rivederlo. Dopo la fine della guerra, quando la verità inizia ad emergere – e la tesi della strage nazista si dimostra falsa – superstiti e parenti devono decidere se proclamare la verità, pagando con la vita, o preferire il doloroso silenzio, per cercare di ricostruire dalle macerie un popolo.

Ma Katyn, un film bellissimo (un anno fa candidato all’Oscar per il miglior film straniero) e da non perdere, è anche la testimonianza di un popolo orgoglioso delle proprie radici e saldo nella propria fede, con i militari polacchi che vanno incontro alla morte a testa alta e recitando il Padre Nostro mentre uomini stravolti da odio e ideologia li ammazzano come bestie.

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