Il Papa - la crisi economica è causata dall'avarizia e dall'emergenza educativa

Durante l'incontro del Papa con i parroci e i sacerdoti di Roma
Una denuncia ragionevole e ragionata delle cause della crisi economica


È dovere della Chiesa la denuncia ragionevole e ragionata degli errori che hanno provocato l'attuale crisi economica. Lo ha affermato Benedetto XVI durante il tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci e i sacerdoti della diocesi di Roma, svoltosi giovedì mattina 26 febbraio, nell'Aula della Benedizione. Questo dovere - ha sottolineato il Papa - fa parte da sempre della missione della Chiesa. E va esercitato con coraggio e concretezza, senza ricorrere a moralismi ma motivandolo con ragioni concrete e comprensibili a tutti.
Il tema della crisi globale che investe oggi l'economia e la finanza è stato al centro di una delle otto domande rivolte al Pontefice dai preti romani durante l'incontro. Domande che hanno toccato altrettante questioni di attualità pastorale: dalla formazione dei presbiteri all'evangelizzazione dei lontani, dall'emergenza educativa all'azione caritativa, dal valore della liturgia al significato del ministero del vescovo di Roma, dalla Parola di Dio al concilio Vaticano ii.
Sollecitato dal parroco di una comunità della periferia romana, Benedetto XVI ha accennato alla sua prossima enciclica sociale, proponendo una lettura sintetica della crisi fondata su due livelli di analisi. Il primo, quello macroeconomico, mette in luce i guasti di un sistema basato sull'idolatria del denaro e sull'egoismo, che oscurano nell'uomo ragione e volontà conducendolo su strade sbagliate. È qui che la voce della Chiesa è chiamata a farsi sentire - a livello nazionale e internazionale - per contribuire a correggere la direzione. E mostrare così la via della retta ragione illuminata dalla fede: in definitiva, la via della rinuncia a se stessi e dell'attenzione ai bisogni degli altri.
Quanto al secondo livello, quello microeconomico, il Pontefice ha ricordato che i grandi progetti di riforma non possono realizzarsi compiutamente senza un cambiamento di rotta individuale. Se non ci sono i giusti - ha ammonito - non ci può essere neanche la giustizia. Da qui l'invito a intensificare il lavoro umile e quotidiano della conversione dei cuori: un lavoro - ha evidenziato il Papa - che coinvolge soprattutto le parrocchie. La cui attività, alla fine, non è limitata solo alla comunità locale ma si apre all'intera umanità.
Tema, questo, ripreso anche nella risposta ad una domanda dedicata all'evangelizzazione di coloro che sono lontani dalla fede. I cristiani - ha raccomandato Benedetto XVI - devono essere oggi fermento di giustizia, di integrità morale, di carità, perché la società ha bisogno di persone che vivano non per se stesse ma per gli altri. Questo aspetto della testimonianza - ha aggiunto - va unito a quello della parola: è la prima, infatti, che dà credibilità alla seconda, rivelando che la fede non è una filosofia o un'utopia ma una realtà che fa vivere. A questa opera di evangelizzazione sono necessari perciò preti e catechisti formati culturalmente, ma soprattutto capaci di parlare all'uomo di oggi con la semplicità della verità. Per mostrargli che Dio, in realtà, non è un essere lontano ma una persona che parla e che agisce nella vita di ciascuno. Anche qui risulta prezioso il ruolo del parroco, il quale nel suo lavoro pastorale incontra gli uomini senza maschera, nelle situazioni di gioia e di sofferenza che appartengono alla vita quotidiana.
Luogo privilegiato per fare esperienza della vicinanza di Dio è la liturgia. Il Papa l'ha presentata essenzialmente come una scuola per imparare l'arte di essere uomo e per sperimentare la familiarità di Cristo. In questo senso, la catechesi sacramentale è anche una catechesi esistenziale, perché mostra che la liturgia non è una realtà misteriosa e distante, ma è il cuore dell'essere cristiani e, allo stesso tempo, genera nel credente l'apertura all'altro e al mondo.
L'Eucaristia, in particolare, va vissuta come segno e seme di carità. Il Pontefice lo ha ricordato spiegando il significato della missione del vescovo di Roma che è garanzia dell'universalità della Chiesa. Questa infatti - ha puntualizzato Benedetto XVI - non si identifica con nessuna cultura, perché trascende nazionalismi e frontiere per accogliere tutti i popoli nel rispetto delle ricchezze e delle peculiarità.
La cultura è stata al centro anche della risposta del Papa a una domanda sull'emergenza educativa. Oggi - ha denunciato Benedetto XVI - si sanno tante cose, ma manca il cuore. Manca una visione comune del mondo, manca un orientamento etico che consenta all'uomo di non essere preda dell'arbitrio. Così, mentre la fede resta aperta a tutte le culture, ne costituisce anche il criterio di discernimento e il punto di orientamento.
Il Pontefice ha infine riproposto il tema dell'annuncio della Parola di Dio - oggetto della recente assemblea generale del Sinodo dei Vescovi - indicando nell'atteggiamento di ascolto di Maria il modello per ogni credente.

(©L'Osservatore Romano - 27 febbraio 2009)

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