Una"favola" sull'Alzheimer raccontata da Pupi Avati

Da L'Ottimista

Una 'favola' sull'Alzheimer raccontata da Pupi Avati

Una sconfinata giovinezza è un film delicato e toccante, arricchito dalle ottime interpretazioni di Fabrizio Bentivoglio e di Francesca Neri

di Elisabetta Pittino

“Perché, perché…”, chiama Lino Settembre bambino, inseguendo per i prati invernali appenninici il suo cane “Perché”, ereditato dal padre, morto insieme alla madre in un grave incidente. È l’inizio del film Una sconfinata giovinezza. Appare poi Lino Settembre adulto, uno splendido Fabrizio Bentivoglio, giornalista sportivo di successo, sposato da 25 anni con Chicca, una brava Francesca Neri, docente di Filologia medievale alla Gregoriana. Si amano. Soffrono per non avere potuto avere figli: “Dimmi qual è il giorno, l'ora, il minuto in cui la voglia di un bambino tuo finisce”, dice Chicca al fratello Emilio (Lino Capolicchio).

La storia va avanti: Lino ha l’Alzheimer. Inizia ad accusare vuoti di memoria, poi la malattia compromette il suo lavoro di giornalista e stravolge la vita di coppia. “Girare quelle scene di tenerezza ma anche di botte è stato un piccolo vero viaggio d'amore”, dove i protagonisti finiscono per assomigliarsi grazie al “sentimento dell'unità che si realizza nell'amore”, ha affermato la Neri in un’intervista.
Entriamo così in questa storia d’amore non comune. Ne esce una storia reale, non emotiva, recitata magnificamente con un grande pudore interpretativo, secondo la volontà del regista, recitata “dentro”, senza eccedere, senza approfittare, dove gli eventi risultano sufficienti a testimoniare la sofferenza, la tensione, la paura, la gioia, tenendosi nella misura della verità della cosa. C’è da chiedersi perché non sia stato accolto al Festival di Venezia...
L’Alzheimer (affrontato in chiave totalmente diversa da La versione di Barney presentato a Venezia) è visto anche con gli occhi del malato. Seguiamo il flashback di Lino che ritorna all’infanzia della zia Amabile, una bravissima Serena Grandi, che trova il diamante - la pietra preziosa - del cane Perché, di Nerio, il bambino senza palato, di Leo, di Leda... Tutti personaggi e situazioni reali dell’infanzia di Avati che ritroviamo nell’omonimo libro dello stesso autore, uscito poco prima del film, da cui è stato tratto. “Con questo mio lavoro vorrei dire – dice Avati rivolgendosi ai parenti che più soffrono per questa malattia - che si può includerla (la malattia dell’Alzheimer) nella propria vita. Non dico che non fa soffrire, ma che si può accettare”.
È irraggiungibile quel luogo dove Lino si rifugia, dove si rifugiano i malati di Alzheimer? Chicca lo cerca. E lotta, con ostinazione, con amore, soffrendo, non comprendendo, chiedendo aiuto. Insieme vivono il dolore, il dramma. Entrambi fanno un percorso nella malattia e si riconoscono di nuovo, marito e moglie.
Emerge un altro aspetto del vivere la malattia: la serenità generata dall’amore consapevole, individuale, dato e accolto, reciproco. Sì, perché Lino che perde la memoria e ritorna “bambino”: l’amore se lo ricorda, lo capisce, lo ascolta.
Per amore, nella parabola finale, fa un altro viaggio, questa volta reale, nei luoghi della sua infanzia per salvare sua moglie Chicca, in fin di vita. Si libererà di ogni cosa anche “grazie” alla meschinità umana che lo circonda. Ma Lino è puro e in questo suo essere fuori dal mondo, ha capito il senso della vita, quello vero, ha trovato la sua pietra preziosa, l’amore e la cattiveria altrui non lo può toccare, perché Lino, ritornato all’infanzia, crede nella Risurrezione. Si incammina nei suoi prati e ritrova il suo cane Perché…e Chicca, sua moglie, è salva, l’operazione è andata bene.
“Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3).

Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati, Italia, 2010, con Fabrizio Bentivoglio, Francesca Neri, Serena Grandi, Gianni Cavina, Lino Capolicchio.

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